Una delle operazioni più spregiudicate condotte da Berlusconi fin dal suo esordio sulla scena politica è stato l’avvio di un processo di revisione di alcuni passaggi-chiave della nostra storia.
Non è un caso che l’ascesa politica del Cavaliere abbia goduto inizialmente anche dell’appoggio di una parte consistente della classe intellettuale, di matrice liberale, che ha visto in Berlusconi l’Angelo Vendicatore in grado di infliggere un colpo mortale alla inconcussa egemonia culturale esercitata per decenni dal marxismo. Non solo.
Berlusconi ha rappresentato anche per tanti cittadini l’”homo novus” in grado di modernizzare il paese e destrutturare l’impianto elefantiaco di uno Stato inefficiente e sprecone. L’intero establishment economico e finanziario ha proiettato in Berlusconi il desiderio di una svolta contro la partitocrazia dominante che, come dimostrarono le inchieste di Tangentopoli, usava spesso le imprese pubbliche come polmone per far respirare la politica.
Anche la situazione internazionale consentiva al Cavaliere di godere di grandi credenziali. Il crollo dell’impero sovietico e il processo di aggregazione degli stati europei, da cui sarebbe sorta la moneta unica, costituivano presupposti per un consenso quasi plebiscitario. Invece, così non è stato. Berlusconi ha dissipato un’apertura di credito, da parte del clero, della borghesia e di larghi strati popolari, che non si vedeva dai tempi di De Gasperi. Uno dei capolavori del Cavaliere consiste in quella grande operazione culturale con cui, attraverso un uso sapiente della televisione (e del calcio..), è stata demolita l’egemonia culturale della sinistra. L’anticomunismo ha costituito il leit-motiv di Berlusconi che ha spesso blandito l’elettorato moderato senza peritarsi di utilizzare un lessico sprezzante nei confronti della cultura comunista e di chiunque ne avesse raccolto, a vario titolo, il lascito. Di contro, sul fascismo il Cavaliere si è sempre dimostrato elusivo e reticente (perfino il 25 aprile è stata ritenuta una data “comunista”).
In questo modo, per gradi, nel nostro paese abbiamo assistito ad una pesante escalation di ostilità nei confronti della sinistra post-comunista mentre, nel contempo, veniva calato il sipario sulla storia della destra post-fascista. Tutto questo con l’avallo ed il compiacimento di una borghesia che, a fronte di un fervido anticomunismo, ha sempre curiosamente palesato un “fioco” antifascismo. Solo oggi possiamo dire con certezza che quella contrapposizione, coltivata in modo artificioso per soli fini elettorali, ha prodotto effetti squassanti non solo nell’elettorato ma anche nella società civile che appare sempre più frammentata e smarrita.
La fine politica di Berlusconi non significherà, comunque la fine del berlusconismo che rappresenta una delle cause della desertificazione morale che ha colpito il nostro paese che, appeso per anni alle illusioni e alle favole di un incomparabile affabulatore, si riscopre oggi senza un’anima e senza un’identità.
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