Euforia irrazionale. E’ uno dei libri più conosciuti di Robert Shiller, quest’anno premiato con il Nobel per l’economia.
Il titolo spiega molto: le quotazioni dei listini borsistici spesso sono legate all’emotività, altre volte alla moda (nel senso che ci si uniforma al comportamento della maggioranza), più di rado ad una valutazione dei fondamentali (conto economico e prospettive di ritorno dell’investimento) delle società. La premessa è necessaria, ma nulla toglie al successo clamoroso dell’Ipo (l’offerta pubblica iniziale) a Piazza Affari di Moncler.
L’azienda comasca dei piumini ha registrato una domanda istituzionale (fondi d’investimento, banche, fondi sovrani) pari a 31 volte l’offerta. E una domanda retail (sono i risparmiatori) che ha superato di 14 volte l’offerta. Un boom che può contenere anche una componente speculativa ed una emotiva (vedi Shiller).
Ma pur depurato da queste distorsioni, resta il successo della quotazione che è un riconoscimento alle capacità imprenditoriali di Remo Ruffini, accolto ieri a Palazzo Mezzanotte da una standing ovation. Un successo erano state anche le Ipo di altre società del lusso made in Italy: Brunello Cucinelli e Salvatore Ferragamo.
Allora, il sistema produttivo italiano ha ancora delle cartucce da sparare? Non siamo condannati al declino industriale e all’impoverimento generale? Nei settori del lusso, del design, dell’alimentare dei prodotti Dop e nella meccanica innovativa il made in Italy è imbattibile, con una qualità riconosciuta ed apprezzata ovunque. Sono produzioni che sono l’eredità di un saper fare antico, che alcuni fanno addirittura risalire alle botteghe artigiane di secoli addietro. Nel caso dei prodotti del lusso, alle competenze sul prodotto e sul processo si unisce un gusto che ha radici nel nostro patrimonio artistico e storico.Il problema per l’economia italiana è che i settori nei quali siamo i migliori hanno mercati di nicchia. E che da sole queste produzioni eccellenti non possono sostenere l’occupazione e la ricchezza di un intero Paese. Sono isole, più o meno estese, che affiorano su un mare che continua ad essere nero, come la crisi che stiamo vivendo da cinque anni, anche se poi è dall’inizio del nuovo millennio che il sistema Italia perde posizioni nelle classifiche della produttività e della competitività. Nel complesso, e fatte salve le isole di eccellenza, siamo un Paese arrugginito, incrostato da rendite di posizioni, bloccato dal mancato riconoscimento del merito e dalla poca fiducia nei giovani e nella cultura. E questo in una fase in cui vince l’economia della conoscenza: oggi sono importanti idee, cervello e capacità di vedere oltre, di trovare soluzioni nuove ai bisogni e alle richieste del mercato.
L’Italia cosa può fare? Deve svecchiare in fretta il sistema con riforme vere e non più rinviabili per ridare ossigeno all’industria e all’economia tutta. E deve estendere le isole di eccellenza. Secondo l’economista friulano Stefano Micelli - autore di Futuro artigiano, saggio che ha avuto ottimi riscontri anche in Europa e negli Stati Uniti - l’Italia deve riuscire a mettere insieme, anche fisicamente, quindi nello stesso luogo ( nelle FabLab), il saper fare degli artigiani con le conoscenze scientifiche e sistematizzate dei laboratori di ricerca e delle università. Dall’osmosi di questi saperi possono nascere prodotti innovativi e unici, capaci di entrare con successo in mercati d’eccellenza, ma parcelizzatiÈ la formula del successo Moncler.
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