Il pianto greco con cui si è conclusa l’esperienza italiana della lista Tsipras sotto un cielo punteggiato di stracci volanti e Sel che si spacca sul decreto Irpef in Parlamento sono due tracce più che evidenti della crisi della sinistra radicale nel nostro Paese e non solo.
Il soccorso rosso (con le tonalità di Fantozzi dopo aver ingoiato il tordo intero: porpora, pompeiano, ecc...) con tutti i tormenti e le ire ventoliane è la prova che l’eterna disfida italica tra le due sinistre vede prevalere, per la prima volta, quella moderata su quella cosiddetta radicale che finora, almeno nei due governi di cui ha fatto parte, l’aveva sempre avuta vinta. Merito certo di Renzi e di quel 40% alle elezioni europee che si è trasformato in una sorta di piffero magico per il premier capace di attirare a sé anche la nebuolosa grillina. Ma anche spia di una situazione della sinistra per certi versi paradossale.
Perché con la crisi che incrementa la disoccupazione, mina le certezze di chi un lavoro ce l’ha e tenta di difenderlo con i denti, falcidia i diritti acquisiti in un secolo e rotti di lotte sociali e limita la libertà, la sinistra dura e pura dovrebbe andare a nozze. Invece porta a casa solo gerli di fichi secchi. E non solo in Italia. Alle ultime elezioni continentali, gli euroscettici di destra hanno ottenuto risultati migliori rispetto agli omologhi dell’altra metà del cielo della politica. Ed è finita, grazie anche alla deblace dei socialisti francesi di Holland e della tenuta del Ppe, che l’astro nascente dalla sinistra europea è Matteo nostro, uno che non ha certo una storia di sinistra ma che ha capito che deve recuperarne valori e simboli. Non a caso è stato lui a portare il Pd, dopo anni trascorsi a pestare l’acqua nel mortaio, nella famiglia del socialismo europeo. E non a caso Renzi ha voluto rispolverare il brand delle feste dell’Unità, in cui si è sempre riconosciuto gran parte del popolo della sinistra italiana, nonostante la furia iconoclasta che ha preso piede dopo la fine del vecchio Pci.
Insomma se oggi le cose di sinistra che Nanni Moretti attendeva invano da D’Alema, le dice il presidente del Consiglio, anche attraverso la legge sugli 80 euro, che non a caso ha dilaniato Sel, qualche ragione c’è. E nello stesso Pd farebbero bene a interrogarsi. Se Renzi sarà il nuovo Blair, il merito andrà asciritto anche ai suoi avversari, interni ed esterni al Pd. Forse la sinistra radicale, più o meno chic, tante belle parole non ce la possiamo più permettere.
D’altra parte la situazione politica italiana resta un’anomalia che fatica a marciare al passo consolidato delle altre democrazie rappresentative europee (un passo che peraltro, con gli anni si fa sempre più affannoso). Oltre alla strana sinistra,c’è infatti una destra che non sa come uscire da quello che è stato il pingue ridotto berlusconiano. Ora che c’è da camminare sulle macerie spuntano o meglio rispuntano vecchi/nuovi leader come Passera e, incredibile a dirsi, Fini. Ma serve un progetto nuovo che prescinda dalle leadership. Alla fine, da noi è sempre in voga Giorgio Gaber con il suo “cos’è la destra? Cos’è la sinistra?”
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