Dividere il lago sarebbe una follia

Solo qualche giorno fa il vicepresidente della Regione, Fabrizio Sala, ha proposto la creazione di una Grande Brianza con Monza capitale e parte della provincia di Como (Cantù e Mariano) a fare da contorno.

Un paio di giorni fa è arrivata invece la proposta di Roberto Maroni: otto cantoni al posto delle attuali dodici province lombarde, Como con Varese (se il modello è la sanità è facile immaginare quale sarà il capoluogo) e il lago di Como diviso in tre ambiti territoriali. La sponda orientale con Lecco nel Cantone della Brianza. Il Basso Lario con Como nell’Insubria e il resto con Sondrio nel Cantone della Montagna.

Ora, quello che è stato definito il “maronellum” in vista della definizione del nuovo assetto istituzionale previsto dalla riforma della Costituzione, può anche essere una sortita utile ad aprire il dibattito, ma qualche preoccupazione è inevitabile.

In ballo non c’è la difesa del proprio campanile – si è capito che la direzione della riforma è quella di una riduzione delle Province ed è ragionevole pensare a una riaggregazione che interessi anche il nostro territorio – ma in questa bozza c’è un’evidente incongruenza lì dove si prospetta che il lago di Como sia smembrato da tre enti. Il rischio, neppure troppo remoto, è che perda la propria identità.

Sarebbe un clamoroso autogol per il territorio, a prescindere dai cantoni, e per la regione stessa perché si tratta di uno dei brand più importanti della Lombardia e come tale, a ogni livello istituzionale, meriterebbe di venire trattato.

Già la divisione Como-Lecco, a suo tempo, ha maledettamente complicato la valorizzazione di un patrimonio che è un’assurdità non considerare unitario. I turisti vengono sul Lario per Bellagio, Varenna e Villa Carlotta, giustamente se ne infischiano dei confini amministrativi ma separare lì dove il senso comune non avverte differenza è un esercizio senza senso. Un esercizio che moltiplica gli ostacoli anziché semplificare la vita dei cittadini. E che il più delle volte significa, tra l’altro, spreco di risorse e tempi decisionali infiniti lì dove, al contrario, occorrerebbe una gestione oculata quanto rapida nelle risposte.

Ora se nel passato è stato commesso un errore, sarebbe il caso di non peggiorare ulteriormente la situazione. Il richiamo ai cantoni svizzeri è suggestivo ma Como e il suo lago hanno un legame inscindibile che non può essere messo in discussione. A raccontarlo è la storia, l’arte, la cultura ma anche la storia stessa della grande comunità di popolo che si affaccia sul Lario.

Conforta sapere che la riforma verrà analizzata e predisposta da un comitato tecnico. In quella sede, certamente, gli studiosi del territorio che ne faranno parte concluderanno sull’opportunità di correggere la bozza del governatore. Conforta anche sapere che – così ha assicurato Maroni – non ci sono mappe che verranno calate dall’alto.

Gli enti locali, la rappresentanza più vicina ai cittadini, hanno già anticipato ciò che pensano. In particolare il sindaco di Menaggio, Adolfo Valsecchi, ha annunciato dura battaglia al provvedimento. C’è poco da fare: lì dove non ci arrivano i politici, le persone non hanno dubbi. E i laghée non vogliono imbrogli.

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