E’ ricordato come una delle imprese eroiche nella storia dell’umanità, il primo volo transoceanico, che Charles Lindbergh portava a compimento in 33 ore da New York a Parigi, esattamente 90 anni orsono. Ma forse ci emozionano di più i voli dipinti da Marc Chagall in diversi sui quadri: dentro casa, sopra la città o nel blu infinito del cielo, mano nella mano con la moglie, sono carichi di quella tensione insita nell’amore, e più in generale nell’essere umano, “verso l’infinito e oltre” (citazione non proprio aulica: dal cartoon “Toy story”, perché poche cose sono trasversali come il volo). Ecco spiegato perché abbiamo colto la ricorrenza della transvolata atlantica, e l’opportunità di intervistare il pilota Robert Ragozzino che proprio oggi ritenta l’impresa di Lindbergh con un mezzo fotocopia, per dedicare l’intero numero de “L’Ordine”, in edicola domenica 21 maggio gratuitamente con “La Provincia”, al tema del volo. Non è un caso che abbiamo chiesto a un musicista colto e appassionato dei diversi campi del sapere umano, come Massimo Bubola, di firmare la copertina. Lui per primo ha saputo farci volare con le sue canzoni: chi non si è sentito proiettato verso l’alto, quando al Teatro Sociale di Como per “Le Primavere” ha eseguito “Il cielo d’Irlanda”? Peraltro con una modifica molto poetica rispetto al testo che aveva donato a Fiorella Mannoia: “Il cielo d’Irlanda è Dio che ci suona come una fisarmonica”. Una metafora che rende bene l’intensità delle vibrazioni che sentiamo nell’anima quando il cielo ci avvolge e ci facciamo più vicini a Dio o un’idea del divino da cui, credenti o no, non riusciamo a prescindere.
Nei tempi antichi, da Ulisse a Icaro, il volo era considerato “folle” e “sacrilego”: qualcosa che apparteneva, per l’appunto, più al divino che all’umano. Ma la grandezza dell’uomo sta nel non arrendersi mai ai propri limiti. E Leonardo da Vinci fu il primo a credere davvero, che la sfida di librarsi nell’aria come un uccello, noi bipedi potessimo vincerla: «Se la pesante aquila può sostenersi volando nell’aria rarefatta, se le grosse navi possono, con l’aiuto delle vele muoversi sul mare; perché non potrebbe l’uomo, solcando l’aria con ali signoreggiare i venti e levarsi in alto da vincitore?», appuntò in uno dei suoi quaderni, accanto ai numerosi disegni di macchine volanti.
Ci piace pensare, e qualche indizio in tal senso esiste, che il genio vinciano abbia sperimentato una delle sue primordiali “aeromobili” sul lago di Como, mentre studiava la fonte Pliniana e l’orrido di Nesso, ospite dell’abbazia di Piona, che secondo alcuni studiosi sarebbe effigiata nello scampolo di paesaggio che si vede dietro Gesù nell’“Ultima cena”. Che lo abbia tentato oppure no, il suo volo sarà o sarebbe finito con un tuffo nelle acque del Lario. Comunque, fosse anche solo una leggenda, merita una citazione nell’auspicato museo dell’aviazione comasca cui accenna Cesare Baj, a lungo presidente dell’Aeroclub Como, nel suo articolo sui tanti primati del capoluogo lariano nella conquista dell’aria (dalla più antica attività idrovolantistica al mondo al primo decollo europeo in parapendio). Nello spazio museale - già individuato nelle palazzine di viale Masia accanto all’hangar, promesse e mai destinate all’uso dal Comune negli ultimi tre lustri - andrebbe esposta anche la foto inedita che vi proponiamo, ritrovata da Alberto Longatti, del blitz che il ministro/pilota Italo Balbo fece a Villa d’Este nel ’33 dopo la sua seconda transvolata oceanica, decisivo per catalizzare l’attenzione sul neonato aeroclub cittadino e portarne a compimento la sede.
Tornando ai disegni di Leonardo: sopravvissuti a lui e agli sfortunati tentativi di imitare i volatili, hanno aperto la strada alla ricerca tecnico/scientifica che nel giro di poco meno di tre secoli ha portato al primo volo in mongolfiera (1783), quindi alla realizzazione dello stesso sogno vinciano con il decollo della “prima macchina motorizzata più pesante dell’aria”, ad opera dei fratelli Wright nel 1903.
L’Italia ha avuto un ruolo importante nello sviluppo dell’aviazione, purtroppo non solo per fini civili, e nel diffondere il mito del volo anche in letteratura: una figura si staglia su tutte, quella di Gabriele d’Annunzio, cui dedichiamo il paginone centrale, scritto dal massimo esperto mondiale, autore della biografia del Vate per Mondadori e presidente della sua casa museo di Gardone, Giordano Bruno Guerri.
Dagli anni Settanta la possibilità di volare è sempre più accessibile a fasce più ampie della popolazione. Ce lo ricorda un articolo d’archivio, scelto come sempre con curiosità e attenzione dalla nostra Elena D’Ambrosio,: risale al 1974, quando la compagnia di bandiera ora in crisi inaugurava nuove rotte internazionali e incentivava i voli interni a basso costo per promuovere il turismo. Ogni volta che saliamo su un aereo e guardiamo fuori dall’oblò ci rendiamo conto di quanto avesse ragione un alto scrittore/aviatore entrato nella leggenda, Antoine de Saint-Exupéry, l’autore del “Piccolo principe” (chissà cos’altro avrebbe scritto se non fosse precipitato nel ’44, abbattuto dai tedeschi, come è stato dimostrato solo 60 anni dopo quando finalmente furono ritrovati i resti del suo velivolo): «L’aeroplano - affermò - ci ha svelato il vero volto della terra».
Una rivoluzione antropologica, quella della conquista dell’aria, con una portata e delle conseguenze persino superiori allo sbarco sulla luna. Ma come il disvelamento del nostro satellite non ha impedito ai poeti di continuare a cantarlo, così il volo è rimasto elemento fondamentale dei sogni e dell’arte (compresa quella cinematografica, la più vicina all’aviazione, come potrete leggere su “L’Ordine” in un articolo del massmediologo Luca Toselli). E ancora oggi la canzone italiana più amata e venduta nel mondo è “Nel blu dipinto di blu” di Domenico Modugno. Tra le varie versioni sull’origine del brano, noto a tutti come “Volare”, ci piace credere che la più fondata sia quella secondo cui il paroliere Franco Migliacci si sarebbe ispirato proprio a un quadro di Chagall, “Le coq rouge dans la nuit”, di cui aveva la riproduzione in casa. Sembra di vederli, tra le parole della canzone, Marc e Bella (Rosenfeld, la moglie di Chagall): «E continuo a volare felice / più in alto del sole / ed ancora più su, / mentre il mondo / pian piano scompare / negli occhi tuoi blu...».
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