Sta a vedere che Como ha deciso cosa farà da grande. Perché l’idea di chiudere il lungolago alle auto (se sarà possibile senza minare le esistenze di coloro che devono in qualche modo arrivare in città dalla sponda orientale del lago e di chi la convalle è costretto a percorrerla o attraversarla), può davvero essere un tassello fondamentale per la costruzione di una città che punta tutto e con convinzione sul turismo. Finora lo si è fatto ma in maniera molto spontanea. Senza una guida, una direzione e soprattutto una strategia condivisa.
Fusse che fusse la volta bona?, per dirla con Nino Manfredi. Perché i tasselli sono più di uno. Quello della grande zona pedonale è il principale che finirà (se ci sarà) per portarsi dietro tutti gli altri. Da Villa Olmo, rinnovata con il robusto contributo della Fondazione Cariplo (anche in questo caso se le cose dovessero andare nella direzione della chiusura del lungolago la preferenza rispetto al Campus si rivelerebbe ancora di più lungimirante), al monumento di Libeskind sulla diga foranea, all’ampliamento, già messo in atto, dell’area senz’auto della Città murata in attesa della sistemazione architettonica delle piazze. Ma anche quello della volontà di realizzare nuove aree di sosta ai confini della grande zona pedonale: l’eventuale autosilo interrato in viale Varese o il parcheggio nell’area ex Danzas, sono due esempi del perseguimento di una politica finalizzata ad attrarre flussi di visitatori che arrivano soprattutto con le auto e con i pullman, da qualche parte devono pure posteggiare e non faranno mai troppo lontano dal centro.
Quello dei parcheggi, peraltro, può essere anche un business per la città. Si guardi all’esempio di San Fermo, tirata a cera grazie agli introiti della sosta nel nuovo Sant’Anna, perlopiù pagata dai comaschi. Nulla di male nel chiedere a coloro che arrivano qui un contributo per migliorare la città che magari torneranno a visitare. Con una politica delle tariffe, è chiaro, che non sia solo speculativa e tenga conto anche delle esigenze dei cittadini.
Al carico di tasselli si potrebbero aggiungere il nuovo infopoint turistico che sorgerà al Broletto e magari un asso nella manica che consenta di trovare la quadra per la Casa del Fascio.
Insomma Como, più che passo sembra cambiare faccia. E se ci riuscirà in un domani che non deve essere troppo lontano, dipende molto dall’oggi. Dalle scelte e, soprattutto dalle azioni di adesso, discende il futuro di generazioni di comaschi. Non si può sbagliare come si è fatto in passato. Il cantiere delle paratie è lì a ricordarcelo ogni giorno. Avere il cantiere sul lago ancora aperto durante Expo è imperdonabile. Per questo, nonostante le difficoltà evidenti, l’idea del lungolago senz’auto non deve essere accantonata di fronte alle pur comprensibili resistenze.
Saprà l’attuale classe dirigente ad essere all’altezza di una sfida coraggiosa che deve coinvolgere tutti, pubblico e privato? Lo scopriremo solo vivendo. Ma c’è solo da sperare che ce la metta tutta. Altrimenti il rischio è il declino di Como.
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