Difficile sintetizzare i mille input che vengono dalla lettura della Esortazione apostolica di Papa Francesco. È difficile perché è un testo molto dinamico, che attraversa tutto il vissuto della chiesa di questo terzo millennio, con la puntigliosità propria di un autentico pastore che non tralascia nessun particolare. Ad esempio, Bergoglio si sofferma sul tema delicato delle omelie, dando consigli anche molto dettagliati e concreti su come preparare una predica capace di colpire e commuovere il cuore di ascolta. Tra i consigli Papa Francesco ne inserisce uno che è estremamente emblematico del suo modo di essere: «Un dialogo è molto di più che la comunicazione di una verità», scrive. E poi ancora: «Abbiamo bisogno di esercitarci nell’arte di ascoltare, che è più che sentire».
Per definire questa dinamica, Francesco battezza una formula che usa più volte nelle 220 pagine: è l’idea di «una Chiesa in uscita». Uscita dai recinti, dai luoghi chiusi autoreferenziali, perché la Chiesa non nasce da un’idea, fosse anche l’idea più giusta e umana del mondo, ma nasce da un incontro, dall’«incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva». Se l’incontro è la dinamica che l’ha fatta essere, l’incontro è anche il vero metodo a cui la Chiesa è chiamata.
Ci sono tanti passaggi che certamente fanno notizia in questa Esortazione, dall’idea di un “papato” che «deve pensare a una conversione», alla centralità dell’attenzione ai poveri, sino ad un approccio pieno di carità e attenzione umana alla questione dell’aborto.
Ma in un’epoca depressa e marchiata dal fatalismo come quella che viviamo, la notizia prima è questa irriducibile fiducia di un uomo come il Papa nelle relazioni tra gli uomini. C’è nelle sue parole un gusto irriducibile per gli altri, per il dialogo, per l’incontro. C’è in lui una simpatia senza riserve e senza nessun senso di superiorità, verso l’umano. Una simpatia palpabile nei confronti degli uomini, per le attese, le ferite, i dolori o anche le felicità che portano con sé. È un modo di essere e di guardare il mondo che sta facendo cadere tanti muri e che irrompe in tanti cuori. «Sentiamo la “mistica” di vivere insieme», scrive con un afflato che davvero colpisce, «di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio... Uscire da se stessi per unirsi agli altri fa bene. Chiudersi in se stessi significa assaggiare l’amaro veleno dell’immanenza, e l’umanità avrà la peggio».
Francesco nell’Esortazione dà anche una lettura precisa e molto dura del modello sociale che oggi relega milioni di uomini alla condizione di “scarti”. Ma sa che la denuncia non basta e che occorre qualcosa che induca gli uomini a percorsi diversi. E questo qualcosa riemerge «ogni volta che apriamo gli occhi per riconoscere l’altro e viene illuminata maggiormente la fede per riconoscere Dio». A un mondo che sta sperimentando le drammatiche derive dell’individualismo, questo Papa offre una speranza grande e inattesa. Una speranza a cui in queste pagine tutte da leggere ci “esorta” con dolcezza e con decisione.
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