Le recenti tensioni tra Italia e Svizzera, che hanno portato alla convocazione dell’ambasciatore elvetico a Roma, muovono da circostanze ben precise, connesse al fatto che le autorità ticinesi hanno iniziato a richiedere taluni documenti (certificato penale generale e dei carichi pendenti) ai nostri lavoratori transfrontalieri. Sullo sfondo però c’è di più.
Da qualche anno i rapporti si sono fatti complicati perché non è facile gestire una situazione che vede circa 60 mila lombardi lasciare ogni mattina l’Italia per andare a lavorare oltre frontiera entro un quadro che mostra un distacco crescente tra le due economie. In passato le cose erano diverse: l’economia svizzera era più florida, ma il dislivello era contenuto. Le migliori condizioni della Svizzera la facevano attraente per tanti nostri lavoratori e anche il sistema produttivo ticinese poteva avvalersi di questo contributo senza che vi fossero troppe controindicazioni.
Oggi invece i lavoratori lombardi sono disposti ad accettare salari che talora non rendono possibile una vita decorosa se si vive in Svizzera. Le attuali tensioni sono conseguenti al fatto che i nostri connazionali abbassano il livello dei salari. Ovviamente non vi sono solo svantaggi, ma anche vari benefici. Infatti, senza il contributo di chi viene dalla Lombardia l’economia ticinese sarebbe al collasso ed è pure scontato - tanto per fare un esempio - che senza camerieri italiani disposti ad accettare salari contenuti (per gli standard svizzeri) i ristoranti di Lugano sarebbero ancora più cari.
Se comunque l’economia lombarda non fosse entrata in crisi, non avremmo simili incomprensioni, ed essa è in difficoltà anche perché in Italia le tasse sono davvero troppo alte. Secondo uno studio di ImpresaLavoro il prelievo tributario italiano è ormai il più penalizzante del continente e ad analoghi risultati è giunta la Cgia di Mestre.
Il differente trattamento fiscale riservato a italiani e svizzeri sta generando sempre nuovi contrasti. A partire dal 2018 un accordo tra i due Paesi andrà infatti a modificare il prelievo sui redditi dei lavoratori italiani. Adesso pagano le imposte in Svizzera, ma in futuro le verseranno (prima in parte e poi in toto) all’Italia. Questo significa che i loro salari saranno significativamente decurtati, poiché il fisco italiano è assai più esoso di quello svizzero.
A questo punto è importante che la Lombardia prenda di petto la crisi ed esiga di avere regole migliori, una fiscalità ridotta, un’economia in grado di ripartire. Il Ticino è un pezzetto di Lombardia che viaggia a una diversa velocità solo perché si trova entro istituzioni più sagge, che intralciano assai meno la libera iniziativa e pongono le premesse per lo sviluppo di imprese di successo.
Nei giorni scorsi il presidente della Lombardia, Roberto Maroni, ha usato espressioni polemiche nei riguardi delle autorità ticinesi. Forse dovrebbero interrogarsi di più sulle radici del problema e rivendicare – di fronte al governo italiano – un po’ di quell’autogoverno che può ridurre il prelievo fiscale e, di conseguenza, riavvicinare i lombardi del Ticino e quelli delle province di Como e Sondrio.
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