Fusse che fusse
la volta bona

“Fusse che fusse la volta bona”, diceva Nino Manfredi in una pubblicità che ricorderanno coloro che andavano a letto dopo Carosello. Eravamo più o meno all’epoca in cui la Ticosa, ex Fiat di Como, cessava la produzione e l’area passava in mano al Comune di Como. Adesso a più di trent’anni di distanza e una serie di go e stop sul recupero dell’area che non faticherebbe a trovare posto nel Guinness dei primati, forse siamo vicini più che mai alla “volta bona”. Nel progetto che illustriamo in esclusiva e anteprima nelle pagine della cronaca di Como si vede finalmente qualcosa di diverso dalla desolazione a cui sono abituati da decenni coloro che vivono da quelle parti e i tanti che si trovano a passare per viale Innocenzo e via Grandi. Prima i capannoni che si ammaloravano con il tempo, poi la spianata frutto di una demolizione frettolosa e sciagurata per cui è stato pagato un prezzo molto alto.

Forse è la volta buona, si cambia davvero. Ma la prudenza è d’obbligo perché quell’area sembra portarsi dietro tutte le maledizioni del creato che hanno finora fatto fallire tutti i tentativi di redimerla. Il progetto presentato dalla società Multi può anche non rappresentare il massimo, considerate le potenzialità di quel fazzoletto di città non lontano da cuore di Como. Ma è una proposta aderente ai tempi in cui viviamo che sconsigliano voli pindarici e soluzioni mega galattiche, soprattutto se si tratta della Ticosa dove i precedenti insegnano che è facile scottarsi anche con l’acqua fredda. Oltretutto se il Comune di Como decidesse di percorrere un’altra strada rischierebbe di imbarcarsi in un contenzioso con Multi che farebbe accumulare altro tempo perduto su quello infinito già sprecato. E per la giunta Lucini su cui pende già la spada di Damocle del cantiere del lungolago, arrivare a fine mandato anche con la questione Ticosa ancora irrisolta vorrebbe dire fare un riuscito esercizio di harakiri.

Ma quella dell’ex tintostamperia non è solo una questione legata al destino dello sfarinato centrosinistra che governa palazzo Cernezzi. Riguarda tutta la città e il suo futuro. Vero che ormai alle rovine di via Grandi e viale Innocenzo ci siamo assuefatti quasi fossero resti di una civiltà antica (e in senso politico lo sono davvero). Ma questo non è un buon motivo per tenerceli nei secoli. Inoltre, per il Municipio, vista la situazione di un bilancio che non è certo destinata a migliorare nel futuro almeno prossimo, l’afflusso di risorse con la vendita dell’area è una boccata di ossigeno da accogliere a pieni polmoni. Proprio per questo gli amministratori sono chiamati a verificare che il prezzo pagato sia davvero congruo al valore attuale di una porzione di città che, una volta messa a posto, non sarà irrilevante- Se si potesse strappare qualcosa di più del rientro dalle spese sostenute non sarebbe male.

Si poteva far di meglio nell’ex Ticosa? Certo. Ma non si è mai riusciti quando i momenti era più propizi. E adesso il tempo è scaduto. La proposta di Multi, oltretutto, porta anche soluzioni per la viabilità della zona tutt’altro che trascurabili. Ciao vecchia Ticosa, insomma. E senza rimpianti. Almeno senza troppi rimpianti. E fusse che fusse davvero la volta bona. Perché il viaggio del progetto è solo all’inizio. L’ex tintostamperia è sempre una bestiaccia da prendere con le molle. Ed è capace di inventarsi ancora qualcosa per non dover soccombere.

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