A uno che ha fatto il film “L’allenatore nel pallone” (il primo, quello dopo non si può guardare) va perdonato tutto. Anche l’idea che diventi ambasciatore dell’Italia all’Unesco come è stato deciso da Giggino Di Maio per Pasquale Zagaria, in arte Lino Banfi ex re delle commedie scollacciate anni ’70, ora Nonno Libero nella fortunata serie tv de “Il medico in famiglia”.
Una mossa quella del capo politico del Movimento Cinque Stelle tutta elettoralistica. Del resto, alzi la mano chi conosce qualcosa fatta da questo governo che non sia in funzione delle europee di maggio, trasformate in una sorta di Ordalia per i due partiti della maggioranza. Così c’è andato di mezzo il povero Lino che, con ogni probabilità sapeva che l’apparizione accanto a Di Maio l’avrebbe esposto a un fuoco di fila di battutacce ironiche e un po’ scontate da poterci fare la sceneggiatura per uno dei suoi ex filmetti. Come sempre si tratta di distinguere il dito dalla luna. Il problema non è Banfi con i suoi giri di valzer politici che lo hanno portato da Emiliano a Di Maio e chissà dove stava prima, ma l’idea di nominare un personaggio dello spettacolo nazionalpopolare in un ente culturale forse sgangherato come dice qualcuno ma che, se ci gonfiamo ancora il petto quando qualche monumento o bellezza naturale delle nostre parti è nominato “patrimonio dell’Unesco”, avrà ancora un perché. Quali siano le credenziali di Lino Banfi che gli consentano di capire se una rocca o un’installazione artistica meritino l’attestato nessuno lo sa. E forse importa pure a pochi.
Ma se si sposta lo sguardo sulla luna dei Cinque Stelle non è difficile immaginare come questa scelta rappresenti un segnale di difficoltà, di debolezza e non di forza. Insomma, Di Maio, potrebbe essersi affidato a mister Oronzo Canà (il ruolo di Banfi ne “L’allenatore del pallone”) per giocarsi la salvezza propria e del suo movimento. Certo, un po’ di ossigeno, l’approvazione del decreto sul reddito di cittadinanza l’ha portato.
Per la prima volta, la forza politica creata da Grillo e Casaleggio padre ha fatto segnare una piccola risalita nei sondaggi che, negli ultimi mesi avevano visto un costante rosso, con il sorpasso della Lega che è diventato poi una fuga di Salvini .
Chiaro che arrivare al voto europeo con questi rapporti di forza avrebbe conseguenze non solo sul governo ma anche all’interno dello stesso movimento dove in molti si agitano in vista di un rimescolamento delle carte. Sotto la grisaglia governativa, i Cinque Stelle sono un pentolone che ribolle, la cui temperatura continuerà a salire da qui a maggio. Perché “competition is competion” anche tra alleati quando si vota con il proporzionale come per le europee e se, sempre per ragioni di propaganda si è caricata a molla questa elezione.
Chi di propaganda ferisce potrebbe anche perire se l’alleato antagonista è più bravo di lui. E, nel caso in questione, ha anche vita più facile.
Perché nessuno va a controllare se i porti sono stati davvero chiusi come declama il “Capitano” sui social. Più difficile barare sul “reddito” che arriva o non arriva.
Da qui la necessità di puntellare la propaganda con testimonial come Banfi. Per carità, sempre meglio che dichiarare guerra alla Francia.
Resta il dubbio, da qui a maggio ma pure dopo, su cosa si farà per governare il paese proprio mentre torna ad affacciarsi una recessione che rischia di cancellare i segnali di ripresa della prima parte del 2018.
Ma questo non lo può certo sapere Lino Banfi, il quale rischia, stavolta, di essere davvero preso per un c… come equivoca nel finale de “L’allenatore del pallone”. E poi Di Maio, che pure sulla pellicola in questione si è dimostrato preparato, forse non sa che il presidente della Longobarda ingaggia Oronzo Canà perché vuole retrocedere e non per salvarsi.
@angelini_f
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