Son tempi così, di complotti e di scie chimiche. Di medici da tastiera e di ingegneri da social network. Di informazione un tanto al chilo, che se l’ho capita: bene. Ma se non l’ho capita: anche meglio. Tempi nei quali una notizia, quando va bene, viene letta dalla prima all’ultima delle sei o sette parole del titolo, ma nulla più, eppure rigorosamente commentata, pur senza averla non solo approfondita (quando mai), ma neppure sfiorata né capita. Di questa superficialità da tempi moderni ne sta facendo le spese, in questi giorni, il Teatro Sociale e la sua apprezzata guida degli ultimi anni, Barbara Minghetti. Tutto nasce da un paio di articoli pubblicati proprio su queste colonne alcuni giorni fa. Il primo dava conto della necessità di lavori per circa un milione di euro per consentire al teatro di mettersi in regola con una serie di norme di sicurezza. Il secondo raccontava la decisione della stessa Minghetti di lasciare i vertici del teatro, cedendo il testimone a una nuova guida, dal prossimo autunno. Due notizie che hanno scatenato una ridda di reazioni una più scomposta dell’altra.
La più clamorosa - perché non fa parte dell’ozioso coro da social network - è di un’associazione di consumatori, il Codacons, che arriva addirittura ad annunciare un esposto alla Corte dei conti ipotizzando - in merito ai lavori di ammodernamento necessari per mettere a norma il teatro - un cattivo uso del denaro pubblico. «Perché - si chiede il Codacons - non è stato pensato prima al problema» relativo alla necessità di dotarsi di un certificato di prevenzione incendi? «Ora dovranno essere investiti altri soldi per mettere in regola il teatro». Una presa di posizione che sembra ipotizzare chissà quali sprechi di fondi pubblici, distrazioni di risorse, complotti. Peccato che i soldi per mettere in sicurezza il teatro, quando sarà approvato il progetto, saranno pagati dalla società dei palchettisti, ovvero i privati che hanno in gestione i palchi del Sociale, e non da oscuri e nascosti finanziamenti pubblici ai danni delle casse dello Stato o del Comune.
L’altro assaggio di questa corsa al commento a tutti i costi lo si trova sulla bacheca facebook di Barbara Minghetti. A margine di un post che ringraziava la numero uno del Sociale per tutto quello che ha fatto per il teatro e per Como, si sono scatenati i complotti di ogni tipo. Da chi sosteneva che la decisione di lasciare la guida della meravigliosa sala di piazza Verdi fosse legata a presunte incompatibilità con il ruolo di consigliere comunale a chi che invece fosse una ritorsione del centrodestra per essersi candidata con Maurizio Traglio a chi legava la decisione ai lavori di messa in sicurezza del teatro stesso. Nulla di tutto ciò, ovviamente.
Sarebbe bastato leggere fino in fondo le fredde cronache delle due notizie che hanno - ahinoi - scatenato le ipotesi più fantasiose per non cadere nel rischio della dietrologia. E per non trasformare due normalissime notizie nell’occasione per rinverdire i fasti dei complotti.
Vista da vicino, questa sindrome da scia chimica, fa ancora più impressione. Il teatro Sociale - come abbiamo più volte avuto l’occasione di sottolineare su queste colonne - è il volto bello di questa città. Perché la cultura, il sapere, l’arte sono l’anima di una comunità. E il Sociale ha saputo portare tutto questo tra i comaschi. E lo ha fatto per passione, mai per interesse. Anche e soprattutto grazie all’energia messa in campo da Barbara Minghetti. C’era da sperarsi che, almeno questa realtà, potesse passare indenne dal gioco del «chissà cosa c’è dietro a tutto questo». Ma l’occasione persa. Sign ’o’ the times, canterebbe Prince. Ok, predicozzo finito. Largo ai commenti.
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