Giustizia: ora Renzi
teme il tranello

La Giustizia e le sue riforme accendono da almeno vent’anni dispute accesissime che, nella Seconda Repubblica, hanno diviso irrimediabilmente i berlusconiani dagli anti-berlusconiani, i “garantisti” dai cosiddetti “manettari”, le “toghe rosse” dagli “avvocati azzurri”.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: i tribunali da noi funzionano male, molto peggio che in quasi tutti i paesi simili al nostro, sia in campo civile che penale. Però ora la riforma della Giustizia è uno dei piatti forti del Consiglio dei Ministri di oggi i cui risultati saranno portati al vertice europeo di sabato per dimostrare che l’Italia fa le riforme strutturali necessarie per recuperare competitività: proprio i garbugli del nostro modo di amministrare la giustizia sono un autentico scaccia-investitori stranieri, spaventati di finire in un tritacarne senza fine. Per questo ciò cui sta lavorando il Guardasigilli Orlando è indispensabile a rimettere in moto il Paese che non cresce. Naturalmente non tutto sta filando liscio: e non tanto sulla riforma del processo civile sul quale c’è l’accordo tra gli alleati, quanto sulla giustizia penale dove le cose sono assai delicate.

E’ soprattutto il Nuovo Centro Destra di Alfano, in queste ore, a puntare i piedi. Badi il lettore che finora Renzi non ha dato molto ascolto alle impuntature di Alfano . Ma questa volta la questione è più seria. Bene, nei testi di Orlando ci sono tanti argomenti divisi in più disegni di legge e anche un decreto taglia-arretrati: tra questi ci sono i tempi della prescrizione dei reati e i ricorsi in appello e in Cassazione. Già qui il NCD scuote la testa: i democratici hanno preteso un allungamento dei tempi di prescrizione (“eterni, biblici”) e anche un certa stretta sull’appello: un testo poco garantista, secondo il partito di Alfano che non vede comparire, contemporaneamente, norme sufficientemente articolate sulle intercettazioni e sulla responsabilità civile dei giudici, due battaglie da sempre del centrodestra.

Così stando le cose, i conti per Alfano politicamente non tornerebbero: dal suo punto di vista si stanno privilegiando temi cari alla sinistra e si mettono da parte quelli cari alla destra ed espongono il suo partito alle critiche dei vecchi compagni di strada berlusconiani, pronti ad accusarli di essere sottomessi a Renzi e alla sinistra. Da qui l’impuntatura: se non troviamo l’accordo sulla riforma della giustizia penale si approva solo quello sulla giustizia civile e il resto si rinvia.

Perché per Renzi tutto questo fermento nel campo dei suoi alleati è pericoloso? Perché stiamo parlando di argomenti che possono potenzialmente unire tutto il centrodestra, sia berlusconiano che alfaniano. Le obiezioni al testo Orlando del NCD sono molto simili – solo meno aspre nei toni – di quelle che stanno esternando a getto continuo gli uomini di Berlusconi . Se gli spezzoni di centrodestra si saldassero, in Senato la riforma della Giustizia non passerebbe: il governo ha oggi solo nove voti in più della maggioranza assoluta, e se alfaniani e berlusconiani votassero contro affonderebbe tutto e addio riforma per chissà quanto altro tempo. Anche se in realtà ciò che sembra più temere Alfano è di essere scavalcato da un patto diretto Renzi-Berlusconi come sulle riforme. Cosa farà il premier?

© RIPRODUZIONE RISERVATA