Governo e Italia
nel vicolo cieco

Il governo, ma forse sarebbe meglio dire l’Italia, è in un vicolo cieco. Il premier preme per un ’’chiarimento’’ immediato con il Pdl e il Quirinale lo appoggerà nel tentativo di scongiurare la crisi. L’idea sembra essere quella di fare leva sul residuo peso che le ’’colombe’’ del centrodestra possono avere nelle decisioni di Silvio Berlusconi.

Ma l’impressione è che il pericolo sia quello di cadere dalla padella nella brace: se i ministri del Pdl non si dimettono ma i parlamentari confermano le dimissioni di massa, la scadenza viene soltanto rinviata. E se il premier chiede di revocare questa decisione ottenendo un rifiuto, passa nelle sue mani il cerino del naufragio delle larghe intese e dell’apertura della crisi. Il Pdl potrebbe confermare allo stesso tempo la fiducia al premier e la decisione di protestare con un gesto senza precedenti che potrebbe essere condiviso anche dalla Lega.

La battaglia sembra dunque concentrarsi su chi farà la mossa decisiva, quella di decretare la fine della grande coalizione. Che pure è già scritta nei fatti. Il vero interrogativo è quale sia la strategia del Cavaliere. Il capo del centrodestra si è spinto troppo in avanti con la storia delle dimissioni firmate in anticipo da quasi tutti i suoi parlamentari e a questo punto suonare la ritirata lo esporrebbe alla figura di Brancaleone.Dunque l’obiettivo finale dell’offensiva sembra piuttosto un rapido ritorno alle urne, nella speranza che l’elettorato moderato non lo abbandoni. C’è tuttavia da sottolineare che lo scontro ha ormai anche riflessi internazionali. Il Fondo Monetario sottolinea che uno choc per l’economia italiana avrebbe ripercussioni drammatiche in tutto il mondo. Un vero e proprio grido di allarme e anche una denuncia implicita delle sottovalutazioni che hanno accompagnato la deriva politica degli ultimi giorni.

Ma come si è arrivati a questo punto, senza che né palazzo Chigi né il Colle avessero sentore della tempesta all’orizzonte? Con un concorso di cause, la principale delle quali è stato credere che Berlusconi sia alla testa solo di un esercito politico personale. Quando un leader è ancora capace di spostare non migliaia ma milioni di voti, a dispetto degli scandali che lo hanno investito, è chiaro che il problema è più grave della vicenda di una singola persona.

Non ci si può nascondere che il compito delle diplomazie di partito è difficilissimo: Beppe Grillo dice che Napolitano ha perso la sua partita e deve dimettersi. Motivo: avrebbe fatto a Berlusconi promesse che non sarebbe poi riuscito a mantenere. Ma intanto i problemi attanagliano anche il Pd. La debolezza dei democratici, divisi anch’essi al loro interno in vista della partita congressuale, è uno degli elementi che potrebbe avere incoraggiato Berlusconi a giocare il tutto per tutto. Se ci sarà crisi, il congresso potrebbe slittare e con esso la corsa di Matteo Renzi alla segreteria. Si tratterebbe infatti di favorire la nascita di quel governo di scopo che secondo il capo dello Stato sarebbe l’unica via per assicurare almeno il varo della riforma elettorale e della legge di stabilità. Ma resta da vedere se un esecutivo di questo tipo potrebbe essere in grado di fronteggiare il prevedibile uragano finanziario che si prospetterebbe all’orizzonte.

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