Grillo e la shoah
Lo stile è l’uomo

La rivisitazione di “Se questo è un uomo” da parte di Beppe Grillo ha fatto molto discutere. Ovviamente. Grillo aveva pubblicato sul suo blog una poesia “liberamente ispirata” alla poesia “Se questo è un uomo” di Primo Levi. Accanto al pezzo Grillo aveva poi pubblicato la fotografia dell’ingresso di Auschwitz con la scritta “P2 Macht Frei” al posto di quella, tragicamente celebre “Arbeit macht frei”). Ma tutto questo armamentario era soltanto per attaccare Renzi e il capo dello Stato Napolitano.

Dunque Grillo non ha criticato o negato la Shoah e non ha neppure preso posizione su quei problemi. Ha fatto qualcosa di apparentemente più semplice: ha soltanto usato la Shoah per dire altro, per attaccare, appunto, Renzi, Napolitano, i partiti. Dunque Grillo non ha detto nulla di nuovo: non fa che ripetere le solite cose, quelle che dice da quando è entrato in politica. Soltanto che stavolta ha condito il solito piatto con qualcosa che, ai suoi occhi, doveva essere particolarmente piccante: una sua personale rivisitazione della Shoah.

La discussione che ne è seguita non ha toccato quello che Grillo ha detto di Renzi e di Napolitano – cose che pure si potevano benissimo discutere - ma lo strumento usato. Lo scandalo, dunque, è stato quella volgare profanazione di una tragedia e di uno straordinario testo, quello di Primo Levi, che ce la ricorda. Nulla di nuovo, purtroppo. Grillo fa sempre così: afferra tutto quello che gli capita a portata di mano per menare i suoi fendenti. Non ha mai preso le cose per quello che sono ma per quello che servono a lui. Non so se qualcuno ha avuto la fortuna di sentirlo elaborare, una volta soltanto, un ragionamento semplice semplice, mettere in fila due o tre idee per dire che cosa va e che cosa non va e, soprattutto, per dire che cosa si potrebbe fare. Grillo urla. Ha perso ormai completamente – lui che pure è definito “comico” - il senso dell’umorismo. I più grandi comici, in effetti, aggrediscono il mondo perché fanno ridere. Ricordate Charlot: critica tutto facendo ridere o sorridere su tutto. Grillo, già quando faceva teatro, era il contrario: non aggrediva perché faceva ridere, ma faceva ridere perché aggrediva. Adesso non fa neppure ridere, anche perché non ci riesce più. Gli è rimasto solo il gusto malato dell’aggressione a ogni costo, per la quale è disposto a stravolgere tutto, anche la Shoah e anche Primo Levi. Non mi meraviglierei se, prima o poi, arrivasse a usare il Crocifisso o la Madonna o la Bibbia per darla addosso a qualcuno. Se non lo fa è perché ha concluso che non gli conviene, non certo perché desidera rispettare i simboli religiosi di tanti cittadini italiani. In fondo, Grillo non rispetta nulla, ma si serve di tutto.

Si potrebbe anche dire la stessa cosa notando che il capo dei Cinque Stelle non sa rispettare la storia perché non sa ricordare. Come, infatti, non riesco a immaginarlo mentre ragiona, così non riesco a immaginarlo mentre racconta qualcosa o del suo passato personale, o del nostro passato collettivo, un po’ della nostra storia. Grillo è un amnesiaco. Non sa raccontare il passato, perché è totalmente abbagliato dal presente contro il quale soltanto può gridare: il passato, infatti, è lontano e il futuro non c’è ancora.

Il comportamento sgangherato dello strillone nazionale mi ha fatto venire in mente anche stavolta, per opposizione, una frase celebre del celebre scrittore francese del ‘700, Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon, noto semplicemente come Buffon. La frase la conosciamo tutti: “Lo stile è l’uomo”. Ora, di fronte alle strillate di Grillo, mi è tornata in mente anche la conferma della convinzione che deriva direttamente da quella frase. Questa: dove c’è poco stile c’è anche poco uomo, anche se quell’uomo si prende il 25 per cento dei suffragi elettorali.

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