I bambini nel cinico
risiko geopolitico

Ah, i bambini. I bambini. I bambini, signora mia. Com’è possibile fare una cosa del genere ai bambini? Sono immagini che non si possono vedere, che non si possono guardare, che non si possono accettare. Uccidere i bambini. Gasare i bambini. È un fatto intollerabile. Un fatto intollerabilmente intollerabile. L’intollerabile intollerabilità della intollerabilmente intollerabile morte dei bambini.

E tutti lì, contriti e compresi e coesi e appesi alle parole dell’imbonitore di turno - oggi Trump, ieri tutti gli altri, filo o anti occidentali che fossero - che ti butta sul tavolo una manciata di bambini per giustificare il cinico risiko della geopolitica da ammantare di nobili fini umanitari. E noi, noi popolo bue, noi casalinghe di Voghera, noi ubriachi del bar Sport, a bercela anche stavolta, come al solito, come sempre, e a venire giù dalla pianta, che mai e poi mai nella storia della civiltà si era vista una cosa del genere, giù le mani dai bimbi innocenti, dagli al dittatore sanguinario, esportiamo in tutto il globo terracqueo la democrazia e il rispetto dei diritti inalienabili dell’infanzia, della solidarietà, dell’umanità e bla bla bla. E, come al solito, come sempre, in tutta questa litania sentimentaleggiante che, con l’occhio lucido e la banalità innestata, rappresenta il mainstream, il fittone dei talk show pomeridiani e pure serali, svetta il rutilante mondo dei media, che in quanto a superficialità, retorica, luoghi comuni, conformismo e doppiopesismo non prende lezioni da nessuno.

Farisei. Filistei. Sepolcri imbiancati. Soloni. Catoni. Tromboni. I bambini li amiamo, certo. Quando sono i nostri. O quando ci fa comodo. Altrimenti, diciamoci la verità, chissenefrega? Pensiamoci un attimo. Come mai tutto questo deliquio planetario per i trenta piccoli uccisi per ordine dell’orco Assad? Come mai, invece, per le decine di migliaia soppressi negli ultimi anni sempre dall’orco Assad in compagnia delle altre fazioni in lotta non abbiamo fatto un plissè? Cos’è, la morte con il gas nervino fa più scena rispetto a quella così poco trendy per mezzo di bombe, granate e mitragliatrici? Cos’hanno di straordinario questi pochi caduti del casus belli che ha scatenato il bombardamento “umanitario” di Trump rispetto alle trecentomila, ma forse addirittura cinquecentomila, vittime della guerra civile siriana? Ma come si fa a credere che un qualsiasi capo di governo decida di attaccare uno Stato sovrano perché sconvolto dalle immagini dei piccini senza vita? Ma chi ci crede? Forse un bambino, appunto. E poi, scusate, come mai l’orco Assad adesso è l’orco Assad e pochi anni fa era invece uno statista onorato, vezzeggiato e insignito da tutti, presidente Napolitano compreso? I bambini li ammazzava anche allora. E vogliamo parlare degli inermi, degli indifesi, delle minoranze, dei minori, appunto, uccisi dalle dittature o semidittature con le quali facciamo lauti affari? Vogliamo parlare di Cina, Russia, Iran, Arabia Saudita o Turchia, putacaso?

Gli umiliati, gli offesi, i bimbi sono sempre stati merce pregiata della propaganda, sia quella delle dittature sia quella dei paesi democratici e, soprattutto, della dittatura più pericolosa e infingarda, quella del conformismo digitalizzato che tutto sminuzza, tutto trangugia, tutto rumina e trasforma in monocultura collettiva all’interno della quale ogni gatto è bigio e ogni libertà di pensiero annichilita. Perché ci sono bambini e bambini.

E noi li difendiamo oppure li ignoriamo, li sacralizziamo oppure li liquidiamo a seconda dei nostri interessi o del nostro menefreghismo o del nostro doppiomoralismo. Ci sono i bimbi siriani morti per i quali ci indigniamo. Ma poi ci sono quelli israeliani che saltavano per aria nei bus fatti esplodere dai kamikaze palestinesi e lì ci indignavamo di meno. Ma anche i bimbi palestinesi uccisi dagli israeliani per ritorsione e qui ci indigniamo di più. E poi quelli morti sui barconi verso Lampedusa sui quali piangiamo. Ma quelli che ce la fanno a sbarcare forse invece è meglio che se ne tornino a casa loro – camèl e barcheta e te turnet a ca’! - che qui facciamo il muro perché questi vanno in giro a rubare e mendicare. Poi ci sono i bimbi orfani delle torri gemelle che ci straziano. Ma di quelli dei guerriglieri afgani chisseneimporta. Quello annegato sulla spiaggia con la foto che ha sconvolto il mondo e poi lo stesso mondo sbadiglia per tutte le altre migliaia annegate. Ci sono quelli morti di fame nel Darfur o di schiavismo nelle fabbriche del terzo mondo, che però manco sappiamo che esistono. Quelli trucidati a Beslan, che però era un posto così lontano. Poi ci sono i bambini indifesi di Dostoevskij, quelli vessati di Dickens, ma anche quelli feroci e belluini del “Signore delle mosche” e della “Trilogia della città di K”. Quelli morti sotto le macerie del terremoto, e lì quante lacrime.

E quelli brutalizzati dai rom, che però, sangue non mente, l’inclinazione al furto ce l’hanno dentro. E quelli dei campus americani che si sparano tra di loro, tutta colpa della loro cultura da western. Poi, infine, ci sarebbero anche i bimbi mai nati, quelli abortiti a decine di migliaia ogni anno, molto spesso una contraccezione differita, ai quali non risulta che nessuno abbia chiesto se avessero voglia di morire, ma guai, quelli sono i sacrosanti diritti della libertà e della modernità e della laicità. E quindi di quelli non si parla. Tanto prima dei novanta giorni non sei ancora un essere umano, vero?

Hitler accarezzava bimbi biondi. Stalin accarezzava bimbi mori. Noi, figli di un’epoca meno tragica ma anche meno seria, accarezziamo tutti quelli che il pensiero collettivo e il giornalista collettivo ci indica di accarezzare. Noi, noi salmerie, noi carne da macello, noi minus, siamo talmente rimbambiti, cloroformizzati, colonizzati da non capire che lì sotto c’è sempre un trucco. Il solito. Perché anche in questo caso i bambini sono tutti uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri.

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