Sulla questione del trasferimento dei Bronzi di Riace a Rho o a Milano deciderà “un’apposita commissione”.
Noi comuni mortali, di fronte all’immortalità di questa istituzione tipicamente italiana, nulla possiamo opporre.
Tantopiù che il contorno misto dell’apposita commissione è già denso di politici milanesi, critici televisivi di arti figurative e varie, aggressivi utenti di Facebook, tutti a reclamare cultura viaggiante verso l’onnivoro capoluogo lombardo.
Sono andato qualche giorno fa a Reggio Calabria. Ho cambiato i miei programmi per il desiderio di vedere i Bronzi: un’esperienza bellissima.
L’edificio in cui sono esposti si affaccia su un trionfo di giardino mediterraneo, anticipo del meraviglioso lungomare che muove lo sguardo a un verde forte, a un blu del mare ancora più forte, ad altri colori della raggiungibile Sicilia che hai di fronte.
Sale ampie ospitano splendide statue del V Secolo a.C., perfettamente conservate.
In uno spazio ben collocato è esposto l’Arazzo di Gerace, opera restaurata da Simonetta Portalupi con il decisivo impegno del Fai calabrese, in transito a Reggio per tornare tra qualche tempo nella sede definitiva di Gerace, commissionato nel Seicento al maestro fiammingo Jan Leyniers da quella Sede vescovile, centro culturale che raccoglieva intelligenze da ogni dove.
Custodi cortesi e motivati organizzano piccoli gruppi di visitatori al filtro per l’ingresso nella sala dove si trovano i guerrieri.
Al filmato che in più lingue illustra il delicatissimo restauro e le tecnologie utlizzate per garantire stabilità e tutela alle fragili statue, aggiungono volentieri qualche parola sulle opere e sulla città.
Il piccolo gruppo entra, le persone si dispongono spontaneamente intorno ai Bronzi famosi e alle due meno famose ma splendide teste pure in bronzo che si trovano nello stesso luogo.
Ho sentito parlare sommessamente in inglese, in francese, in tedesco; e persino i selfie degli italiani con lo sfondo dei muscoli di ciascuno dei Due mi sono sembrati rispettosi.
All’uscita, scendendo di nuovo verso il lungomare di Reggio, lo sguardo è catturato dallo Stretto, che ti immagini come anticipo del vicino Mare Ionio in cui i guerrieri ci hanno aspettato per millenni.
Penso alla bellezza di incontrare l’Arazzo ritornato alle origini, alla magia dei reperti che si scoprono nel sorprendente museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza, al religioso turismo di reliquie e vestigia del Santuario di San Francesco di Paola. Penso all’area marina di Sibari dove nidificano le tartarughe Caretta Caretta.
Non le vedrei volentieri in una vasca dell’Expo. E anche i Bronzi, nel 2015, vorrei - apposita commissione permettendo - ritrovarli in questo loro luogo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA