Ci sono molte ragioni che sconsigliano a Berlusconi ed Epifani di tenere fuori il governo dalle fibrillazioni seguite alla condanna del leader Pdl. Per citarne alcune: l’incertezza che seguirebbe all’apertura di una crisi, l’impossibilità di andare al voto con una legge elettorale che non è in grado di indicare un vincitore, le ripercussioni negative sulla credibilità dell’Italia.
La partita che si gioca in queste ore tra le forze politiche, sotto l’occhio vigile di Napolitano, non ha come posta in gioco lo scalpo di Enrico Letta. Ma la situazione resta sempre fluida: niente può impedire che una polemica innescata da una delle forze in campo degeneri in uno scontro ingovernabile . Letta, che è arrivato al traguardo dei cento giorni di attività a Palazzo Chigi, invita a pensarci due volte prima di mettere in crisi il valore della stabilità, bene supremo da salvaguardare per non veder sfumare i segnali di ripresa: segnali ’’reali’’, di cui si è parlato nell’incontro che il premier ha avuto con il governatore di Bankitalia Visco e il ministro dell’Economia Saccomanni, ma che potrebbero eclissarsi rapidamente in presenza di una crisi al buio.
Letta mostra però un certo ottimismo, perché vede ’’segnali di consapevolezza’’ nelle forze politiche sulla necessità di salvaguardare il quadro politico. Il premier rilancia sull’azione del governo (approvazione in settimana delle leggi restate in sospeso in Parlamento, assicurazione che sulla vicenda Imu e Iva verrà detta la parola fine entro la fine del mese) e dice che non si farà logorare. Evidentemente il premier è sicuro che il Pd, nonostante i mal di pancia, non si spingerà mai fino al punto di volere la crisi (da Epifani giunge infatti l’incoraggiamento ad andare avanti, e d’altra parte Grillo ha bocciato ogni ipotesi di governo con il Pd) ; ma soprattutto perché ha in mano la promessa di fedeltà di Berlusconi.
Il Pdl si sta muovendo di conseguenza: nelle ultime ore i falchi hanno smesso di volare a via del Plebiscito e ora si parla di consolidamento della maggioranza. I due capigruppo del Pdl Brunetta e Schifani sono saliti al Quirinale con nel paniere la richiesta della grazia per il leader del loro partito. Insistere troppo sulla grazia può essere un elemento di instabilità , dal momento che a quanto sembra il Quirinale non ha alcuna intenzione di accogliere la richiesta , non foss’altro perché concedere la grazia al condannato Berlusconi subito dopo la sentenza sarebbe una sconfessione totale del lavoro della magistratura. Ma il Pdl non punta tutte le sue carte sul provvedimento di clemenza da parte di Napolitano. Anche perché Berlusconi ha ancora qualche mese davanti prima degli eventuali arresti domiciliari, o altre soluzioni previste dalla legge, e c’è tempo per immaginare altre soluzioni. Il partito del Cavaliere è già al lavoro sulle subordinate all’opzione principale. Brunetta rilancia la riforma della giustizia, concentrandosi in particolare sul ritorno all’immunità parlamentare e all’ autorizzazione a procedere, norme della Costituzione del ’48 cambiate a furor di popolo negli anni di Tangentopoli. Ma anche questa proposta, oltre al fatto che richiede tempi lunghi in parlamento trattandosi di un intervento sulla Costituzione, difficilmente potrebbe avere il sì del Pd. Nei prossimi giorni il Pdl dovrà precisare meglio le sue proposte.
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