Il fiume di ricordi e di gratitudine dedicati in queste ore a Giannino Brenna ci travolge tutti. Eppure ci trasmette anche una sensazione quasi assurda: molto, moltissimo alla fine ci sarà sfuggito del bene che ha compiuto l’imprenditore, scomparso domenica a 84 anni.
Nel suo cammino professionale, familiare, sociale, di amico: tutto trova un senso e viene racchiuso dall’unica parola che lo riassume, lo dipinge davvero. Giannino. Questo nome, l’hanno mormorato o esclamato tanti con affetto. Meglio ancora se in dialetto.
E se pensiamo a quanto ci hanno raccontato persone a lui vicine al nostro arrivo a Como («Ma hai conosciuto Giannino Brenna? Devi, è straordinario...)», riviviamo episodi di generosità mai esibita. Anzi, fatta scivolare quasi per caso, come solo un cuore autentico sa fare.
Perché sì, ci sono i gesti ufficiali, importanti anche perché sanno seminare il buon esempio e tracciare la via per chi verrà. Ma sono altrettanto preziosi quelli che passano sotto silenzio, su preghiera dell’interessato. Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra: da ciò che abbiamo sentito, ci sembra che la sua figura ben incarni questa raccomandazione del Vangelo.
Così nonostante ci sembrasse di sapere e capire, ci viene spontanea la domanda, scossi dal fiume di riconoscenza: chi è Giannino Brenna, per riscuotere oggi un tributo così sincero, spontaneo, dove contano più i nomi degli amici, di chi ha incontrato lungo la strada, non i cognomi o i ruoli che passano persino più velocemente degli esseri umani?
Proviamo ancora a scomporne l’impegno, seppur a malincuore. Certo, lo indicheranno giustamente come esempio di imprenditore delle nostre terre, quello che fonda una stamperia dal nulla e che costruisce un successo industriale sul terreno agricolo del padre. Quello che ama le sue radici, ma non può stare a guardare mentre una scuola come il Setificio (anima di Como) sta attraversando anni difficili: vuol dire che l’avvenire si stinge, che ai giovani mancherà una strada importante. E allora si butta anima e corpo, getta le basi per la Fondazione, attento a stare in prima linea con la concretezza, ma per niente interessato alla prima fila.
Giannino apprezzato, amato e adesso rimpianto. Anche se quest’ultima parola non va bene, perché con lui non c’entra niente. Perché fino all’ultimo ha cercato di mantenere piccoli riti di amicizia come poteva e ha voluto abbracciare la sua famiglia, rendendo omaggio alla sua bellezza e al futuro. Fino all’ultimo ha pensato alla vita e l’ha resa migliore agli altri.
Lo sta facendo ancora. Anche per chi lo piange, ma sa che se un giorno si è trovato in difficoltà, l’ha superata grazie a chi si è rivelato un padre, un fratello, un amico. E a quel pensiero, trova la forza di sorridere. Non solo. Chi da lui fu aiutato, riuscirà a manifestargli di nuovo la gratitudine, probabilmente l’ha già fatto e vorrà continuare a comportarsi così: come ha fatto Giannino, tra un sorriso e un tentativo di schermirsi, incitando a impegnarsi con l’esempio e a non parlare.
Poi, c’è anche un momento per parlare, certo, magari con gli amici, nei momenti ritagliati con la stessa dedizione usata in tutti i passi del suo cammino.
Perché ogni cosa si fa a seriamente, persino una partita a carte o a calcio o un aperitivo con chi ti è sempre stato vicino; ogni gesto si compie con il cuore. È così che il fiume del bene scorre ancora, scorre sempre.
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