Dalle cartoline ai lucchetti, il passo non è breve. Come non lo è quello del cantiere sul lungolago che però, perlomeno ha cominciato a sgranchirsi le gambe. Il merito, cari lettori, continuiamo ad attribuirlo a voi. Alla grande mobilitazione di Como, alle 60 e rotti mila cartoline arrivate a Roma, a palazzo Chigi, con le vostre firme e le frasi che avete voluto scrivere per testimoniare l’affetto per il nostro amico lago.
Una persona molto cara a Como e non solo, che continua a passarsela male, con una gamba ancora ferita da un cantiere anacronistico e assurdo, un esempio clamoroso e trasversale di quello che riesce a combinare la mala politica. Per questo noi con voi, cari lettori comaschi, vogliamo fare ancora qualcosa per lenire queste pene. Anzi per guarirle.
Il cantiere riparte, speriamo, ma questa volta lo terremo d’occhio con più attenzione. Se in passato, magari, ci siamo fidati della politica, ora non possiamo e non dobbiamo più farlo. Diventeremo idealmente, questo giornale e voi, tutti “umarelli”, quei personaggi che guardano sempre i lavori in corso.
E cominciamo con un altro abbraccio al nostro caro lago. L’iniziativa dei lucchetti altro non è che un gesto d’affetto, una testimonianza del legame indissolubile tra la città e il suo stupendo specchio d’acqua. Saremo romantici e indignati fino al lieto fine di questo romanzo che tratta dell’amore tormentato tra la città e il Lario che ci regala da millenni un panorama unico al mondo, da troppo tempo deturpato dall’assurdo cantiere delle infinite paratie. E non con una trama stucchevole, ma attraverso la rappresentazione di un sentimento forte che è capace di prevalere contro tutto e contro tutti.
L’operazione lucchetti ha un duplice scopo simbolico. Riportare i riflettori sul problema, come accadde con le cartoline (e guarda un po’ poi tutti si mossero: dallo Stato alla Regione) e simboleggiare il rapporto tra i comaschi e il lago. Per questo vi chiediamo un altro sacrificio. Come con le cartoline, dobbiamo riuscire a fare massa, per dimostrare tangibilmente, che anche questa volta non si scherza con i comaschi.
Prendete i lucchetti, alla sede del giornale, al gazebo de La Provincia che nel fine settimana sarà allestito in piazza Cavour, dalle mani dei nostri addetti presenti nei paraggi, poi attaccateli sul lungolago, dove ci sono ancora le grate del cantiere, dal bar Monti a Sant’Agostino, in modo da lanciare ancora alto e forte il grido: “Rivogliamo il nostro lago”. Un urlo che l’altra volta è stato, grazie a voi cari lettori e cittadini comaschi, talmente altisonante da valicare anche il confini d’Italia.
Il caso della città prigioniera del cantiere, della generazione privata della contemplazione del suo lago, ha suscitato stupore e indignazione anche all’estero. Una eco che ha contribuito agli sviluppi di questi ultimi mesi, con la Regione che ha preso in mano al 100 per 100 la faccenda e ha dimostrato, anche in maniera concreta con lo smantellamento di una parte del cantiere, la volontà di venirne a una dopo 9 anni di una palude che stava inghiottendo Como e il suo futuro.
Siete stati voi, cittadini e lettori ad aiutare la vostra città e a tirarla fuori. E ora è il momento, di compiere, assieme al vostro quotidiano, l’ultimo sforzo.
Chiudere con un lucchetto una delle più brutte parentesi della storia recente di Como. Che ha bisogno più che mai del suo lago per il presente e per il futuro.
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