I numeri nascosti
e la fiducia che conta
i numeri nascosti
e la fiducia

I numeri ci hanno spesso scoraggiato. Dall’esplosione della crisi hanno trascinato sempre più a fondo la fiducia con la zavorra dei loro “meno”.

Una lettura rapida dei dati 2013, resi nota ieri dalla Camera di commercio, può arenarsi lì, a quel segno negativo che si accompagna ancora a nascite e scomparse di aziende. Da una parte però è lo stesso ente camerale a evidenziare che il dato (- 0,14%) è meno sfavorevole rispetto a quello generale lombardo. Che Como (accanto a Mariano) si porta a casa un piccolo più.

Ma ci sono numeri che danno più respiro. Nascosti talvolta, o comunque mai abbastanza evidenti. Perché è chiaro che viviamo sotto l’ombra di cifre che sembrano schiacciare tutto. Siano i 200 lavoratori Sisme lasciati a casa o i 92 nuovi iscritti alle liste di mobilità in provincia nelle ultime settimane.

Proprio da Como parte un ottimismo, in sordina, rispettoso dei drammi di chi non ce la fa e dei sacrifici di chi riesce ad andare avanti, persino a crescere. Dal convegno che si è svolto giovedì sera a Erba, ad esempio. Del resto, il presidente di Unindustria Francesco Verga lo sostiene da ormai diversi mesi: qualcosa sta cambiando, con gradualità e nello stesso tempo tenacia.

Un’azienda su tre - afferma il leader dell’associazione lariana - va bene. E non per colpo di fortuna o vento economico improvvisamente cambiato. No, quel risultato positivo è stato conquistato duramente. È un passo avanti, che è dovuto a due azioni fondamentali. Prima di tutto, la capacità di innovare. Di compiere la ricerca necessaria per essere sempre competitivi, rinunciando magari ad altro. Il secondo aspetto è quello spingersi lontano, oltre i confini nazionali, visto che la domanda interna non vuole saperne di sbloccarsi. Né potrebbe con un’occupazione ancora in erosione.

Anche se pure in questo caso Verga evidenzia un Lario in lieve crescita per i posti di lavoro.

Un dato peraltro già affiorato in altre analisi, e che certo si lega anche alle diverse forme di ingresso nel mercato. Ma che testimonia un movimento significativo, in particolare nel tessile che convince i giovani al punto di spingerli a iscriversi alle scuole professionali di questo settore.

Numeri ancora più nascosti. Un imprenditore dell’arredo come Maurizio Riva, che già va in tutto il mondo, lancia un progetto, Brianza Design per aiutare i piccoli artigiani a fare altrettanto.

Una sera, 200 persone: già un ottimo risultato. Invece, deve organizzare almeno tre incontri, perché piovono le adesioni.

O si reagisce o si muore, dice lui, che nello spiegare la sua iniziativa era partito proprio dalla preoccupazione per la scomparsa delle botteghe artigianali. Così al Museo del Legno dell’azienda, quello che racconta il passato attraverso attrezzi e progetti, accorrono tanti brianzoli in cerca di una chance.

Un numero, che non comparirà in alcuna statistica e che non può tradursi in un indicatore economico.

Ma che nasconde un cuore. Quello grande della Brianza che non vuole rassegnarsi e che riesce a vedere ancora una volta il suo avvenire sempre più proiettato nel mondo. Come quello del tessile lariano, che non si stanca di esplorare il pianeta e di trovare strade sempre nuove. Conscio del fatto che la prima battaglia è però nella sua terra, nella sua azienda, capace di mettersi in discussione. Ed è meglio affrontarla insieme.

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