I problemi restano?
Cambiamo soluzioni

Capodanno è il primo gennaio. Ma è una falsa data, un pretesto che serve agli umani come àncora; ci si aggrappa a quel numero per non finire giù, in fondo al mare della quotidianità. In quanto insicuri e deboli, tutti abbiamo bisogno di darci dei confini, dei riferimenti; ci serve per finire una cosa e iniziarne un’altra. Sono tanti i guai che si vorrebbero cancellare e le cose belle da iniziare.

Un esempio? I 223 lavoratori che rischiano il posto alla Sisme di Olgiate. Una storia infinita che ieri ha avuto l’ennesimo rinvio al 7 gennaio. Nel nuovo anno, dopo il confine del 31 dicembre. Già. Siamo fatti così. Abbiamo bisogno di mettere in ordine il nostro tempo una volta ogni 12 mesi. Non cambia tanto tra il 31 dicembre e il primo gennaio, lo sappiamo tutti, ma ci regaliamo un impegno, un punto e a capo. I guai della Sisme ci sono oggi, ci saranno domani e dopo, ma sarà passato qualcosa di vecchio e inizierà qualcosa di nuovo, è da vedere cosa.

In parte, cosa inizierà ce lo dice il vocabolario. Non si dovrebbe smettere di ringraziare chi inventò il dizionario, dal 1500 in poi la paternità è più di una, perché (fonte Treccani) alla voce Capodanno si scova una definizione che è un forziere di verità.

Il Capodanno, si legge tra molti altri dettagli, separa il passato «che deve portarsi via tutto il male che aveva con sè e l’avvenire immediato (...) per la cui previsione si mette in moto ogni genere di pronostici». Appunto, ma quali pronostici si vogliono fare per il 2014 che scalpita? Il pudore dettato dalla critica situazione socio-economica in cui viviamo dovrebbe imporre di non farne, almeno di non azzardare pronostici facili tipo: la crisi finirà. Ma chissà, forse, proprio quest’anno, è il caso di fare un pronostico, meglio ancora un proposito. Tra il 2013 e il 2014, nello spazio di una notte, non scompariranno i guai, i 223 che rischiano il posto alla Sisme saranno ancora lì ad aspettare, ma il loro caso dovrebbe servire a impegnare ognuno a rinnovare lo spirito, nel senso di trovarne uno nuovo con il quale affrontare i problemi.

Dietro al caso Sisme, quanti altri casi simili si nascondono? Sono tante le aziende, soprattutto le piccole, a morire in silenzio. Nessuno se ne accorge, non fanno rumore perché con loro se ne va il lavoro magari di uno, due, tre, massimo 10 persone. Nessuno si muove e le persone restano silenziosamente disoccupate.

Gli uomini che hanno creato il Capodanno potrebbero fare un passo in più, mettere un altro confine da cui non si torna indietro, cioè costruire dove si può e, dove si può, cercare non lo scontro, ma l’incontro. La vertenza Sisme è ancora aperta, nessuno oggi è contento perché si sperava di brindare con una soluzione che andasse bene per azienda e lavoratori. Ma ieri in Regione a Milano si è deciso di rivedersi il 7 gennaio. Significa che non si molla, che la Regione mettendosi di mezzo vuole che ci si incontri.

Nessuno sa se sarà così, ma vale la pena di provarci e non solo per la Sisme, ma anche per le tante altre timide aziende. Se il Capodanno è una festa bisogna che abbia un senso, se da secoli si butta il vecchio per il nuovo vorrà pure dire qualcosa. È vero che si banalizzano tante cose, si chiudono perfino gli sms con un tvb (ti voglio bene) al posto del ciao, anche se si vuol dire davvero solo ciao; ma se in Regione ci si è dati appuntamento al 7 gennaio vuol dire che c’è ancora qualcosa da dire e condividere, speriamolo.

Sempre la Treccani alla voce Capodanno aggiunge: «La festa di Capodanno risponde alla preoccupazione di dividere il tempo in sezioni, ad ognuna delle quali il gruppo stesso prende coscienza della sua coesione».

I problemi restano, il nuovo da cercare può essere il rinnovamento della coesione umana verso un fine comune: costruire. Non c’è alternativa.

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