La questione è antica. Già perché in fondo torniamo sempre lì, al dibattito infinito tra una sinistra massimalista che non è disposta a fare sconti alla realtà quando non va d’accordo con la propria ideologia e una sinistra riformista che misura le sue azioni sulla concretezza delle cose presenti.
Lo schema si è declinato anche sul problema dell’inquinamento. Su un versante il fronte di chi, di fronte all’emergenza, sollecita un’improbabile limitazione di orario per i negozi e per gli uffici pubblici e addirittura la sospensione delle iniziative natalizie.
Sull’altro versante, all’opposto, chi ritiene che, perlomeno a Como, non valga la pena fare nulla e si fa forte dei dati milanesi dove le polveri, anziché diminuire, sono aumentate proprio nel primo giorno di stop delle auto.
In mezzo al guado c’è poi la responsabilità di chi amministra ed è chiamato a trovare non solo un punto di equilibrio tra interessi e opinioni divergenti ma soprattutto soluzioni concrete, capaci cioè di fornire risposte tangibili a problemi che hanno a che fare con la salute dei cittadini. Fermare le auto semplicemente per dare un segnale di tipo culturale non ha senso. Evitare, a prescindere, di prendere in considerazioni interventi radicali – e forse impopolari – lo è però ancora di meno anche perché rischia di seminare il sospetto che non si sia fatto davvero tutto il possibile per difendere i polmoni dei cittadini.
Di sicuro le scelte migliori non si fanno quasi mai sull’onda dell’emergenza. A Como, ma non solo a Como, ci accorgiamo dell’inquinamento solo quando non si respira più. Basta una giornata di pioggia (nel weekend pare confermata) e non se ne parla più. Se l’approccio continuerà, anche in futuro, ad essere questo non c’è da aspettarsi grandi passi in avanti. Nel vertice in Regione di lunedì i sindaci hanno invocato interventi strutturali su riscaldamento e trasporto pubblico.
Va da sé che si tratta di richieste molto ragionevoli. Si parla di risorse per il trasporto pubblico locale, anche per un ammodernamento dei mezzi e un rafforzamento del servizio; di rinnovo del parco treni locali; di una data di scadenza precisa per la rottamazione dei veicoli euro 0, 1, 2, 3 e 4 diesel (oltre a incentivi per chi cambia queste auto e sgravi fiscali sul bollo dei mezzi più puliti); di una data di scadenza anche per la sostituzione delle caldaie più inquinanti. Tante cose buone e giuste su cui il dubbio resiste piuttosto nell’aggettivo che le accompagna perché la parola “strutturale” da queste parti suona sinistra. In genere si usa per i progetti destinati a rimanere un pezzo di carta. A Como in questo siamo specializzati. Gli esempi sono numerosi ma ce n’è uno che ha molto a che vedere con l’inquinamento. Si tratta del collegamento rapido ferroviario tra il centro e Camerlata, ciò che nel passato è stato definito metrotranvia, l’unico intervento capace probabilmente di far voltare pagine alla mobilità in convalle. Se ne parla da trent’anni ma l’opera non è mai stata davvero posta al centro dell’agenda amministrativa. Possiamo anche continuare a infischiarcene ma senza un trasporto pubblico di altro livello in una città come la nostra non è proprio possibile immaginare un centro che liberato dalle auto torni a respirare.
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