Per carità, non parliamo più di Casta. Che ormai è un termine talmente sgualcito da non far più alcun effetto, anche se gli antichi vizietti di chi non ha alcuna cura del denaro pubblico son tutt’altro che finiti.
Ma non è questo il punto. Ciò di cui avete letto in questi giorni, ad esempio il tema delle consulenze in Regione Lombardia - un vero e proprio esercito di collaboratori composto per lo più da politici e amici di politici e parenti di politici, con (ovviamente) quale eccezione - è solo lo spunto per una riflessione sulle priorità economiche di chi ci amministra.
In questi tempi di crisi c’è un a frase che viene ripetuta ai cittadini come fosse un mantra: «Non ci sono soldi». Per gli asfalti? «Non ci sono soldi». Per la cittadella sanitaria? «Non ci sono soldi». Per il completamento della Tangenziale? «Non ci sono soldi». Per i servizi sociali? «Non ci sono soldi». Sembra di essere stati catapultati nel refrain rap di un tormentone alla Caparezza; ma la musica e l’arte hanno poco a che fare con un ritornello troppo spesso a senso unico: buono solo quando i soldi devono essere spesi a favore dei cittadini.
Populismo? Forse anche. Ma in una realtà in cui, banalmente, si giustificano strade in formato gruviera perché «non ci sono soldi», com’è possibile accettare la distribuzione di costose consulenze per «curare i rapporti con le amministrazioni locali» o per «supporto e coordinamento nelle attività delegate»? Questioni di priorità, si potrebbe commentare. Certo, viene facile l’obiezione: non è che con i 2mila euro al mese risparmiati su una consulenza non data si possono trovare i fondi per realizzare la cittadella della sanità. Vero, se il pensiero non corresse subito ai tanti, troppi soldi letteralmente gettati al vento in questi anni da chi avrebbe dovuto diligentemente amministrarli a nome nostro. Un tesoretto che, da solo, ripagherebbe il cantiere paratie con tutti i suoi errori e i suoi ingiustificati rincari.
Con la scusa della politica, in questo Paese, si sono dilapidate immense fortune. Pensiamo soltanto alle cene in ristoranti di lusso, spesso accompagnate da bottiglie di Brunello o da ostriche e champagne, che i consiglieri regionali hanno consumato a spese nostre. Davvero crediamo che, non fossero intervenute la magistratura e le inchieste giornalistiche, questo banchetto sarebbe stato sospeso? Ecco perché il tema delle consulenze, dei portaborse, dei rimborsi spese, dei compensi agli amministratori, dei premi riconosciuti ai dirigenti pubblici non può essere ignorato, anche se gli importi di cui stiamo discutendo possono sembrare ridicoli di fronte ai costi delle opere pubbliche che mancano. Perché più che economica, la questione è etica.
Il refrain «non ci sono soldi» deve valere anche per i collaboratori e i consulenti del politico e non solo per le legittime aspettative dei contribuenti. Altrimenti l’immobilismo sulla cittadella della sanità a Como, quello sulla pulizia del lago (che la Provincia non vuol più fare perché costa troppo), o le promesse disattese sulla variante della Tremezzina (annunciata con grande enfasi prima della doccia fredda di un paio di settimane fa), suoneranno per ciò che sono: una presa in giro. E i nuovi politici in disaccordo «perché io son diverso» se la prendano con chi li ha preceduti. Senza far pagare un nuovo dazio ai cittadini.
© RIPRODUZIONE RISERVATA