Il buon senso è più forte dei campanilismi. Volendo cercare una sintesi a tutti i costi, potrebbe essere questa la morale dei commenti del giorno dopo su un possibile ritorno di fiamma sull’asse Como-Lecco. La questione riguarda le cosiddette “aree vaste”, un termine oggettivamente orribile con il quale la politica ha deciso di chiamare il riordino delle nuove province, destinate a essere sensibilmente ridotte attraverso l’accorpamento delle vecchie province. La Regione Lombardia si è mossa in anticipo per poter presentare una bozza a Roma e non subire decisioni eventualmente calate dall’alto. Una scelta giusta. Dettata da un principio semplice: meglio che certe decisioni vengano prese da chi conosce il territorio, piuttosto che lasciarle in balia di scelte meramente burocratiche. Peccato che, nella prima bozza presa in considerazione da Roberto Maroni, la soluzione ipotizzata faceva di Como e del suo lago una sorta di spezzatino. A farne le spese sarebbe stato soprattutto il lago, che nel piano per diminuire le province avrebbe paradossalmente aumentato da due a tre gli enti a cui dover rendere conto.
La vecchia provincia di Como avrebbe perso tutta la zona da Menaggio fino all’Altolario, destinata a passare sotto il controllo dell’area vasta della Valtellina. Lecco, invece, sarebbe passato con Monza e Brianza, mentre Como sarebbe convolata a nozze con Varese. Una soluzione che ha scatenato numerose proteste, al punto che nei giorni scorsi lo stesso Maroni ha annunciato una marcia indietro. Ipotizzando, al posto dello spezzatino, un maxi cantone con al centro proprio il lago di Como. Addio all’asse Lecco-Monza e a quello Menaggio-Valtellina con un inatteso ritorno al passato.
Un quarto di secolo dopo il divorzio, insomma, quel ramo del lago di Como (inopinatamente chiamato - a proposito di campanilismo - lago di Lecco) potrebbe tornare a costituire nuovamente un’entità amministrativa unica.
Qualcuno, all’annuncio del governatore della Lombardia, ha iniziato a temere alzate di scudi del tipo: mai con gli odiati cugini. E invece le prime reazioni al ridisegno delle “aree vaste” sono sorprendentemente molto positive. Sorprendentemente ma neppure troppo, a ben pensarci. Probabilmente, avessero ipotizzato fin da subito un nuovo matrimonio lariano, ci sarebbero state levate di scudi e reazioni di forte perplessità, ma l’istinto umano è portato a riconoscere a uno scampato pericolo un valore superiore rispetto a quello che avrebbe concesso originariamente. E dunque al bando i campanilismi, se l’alternativa dev’essere una soluzione dannosa.
A questo punto è auspicabile che la stessa dose di buon senso dimostrata nel fare marcia indietro di fronte alla divisione per tre del lago di Como venga applicata anche alla riforma della sanità, che con l’anno nuovo ha portato alla creazione delle Ats, ovvero delle propaggini sanitarie delle “aree vaste”. Il 2016 ha regalato un’incomprensibile secessione di tutta l’area da Menaggio in su, passata sotto il controllo di Sondrio.
Ma questa è - almeno per ora - un’altra storia. Con, soprattutto, un altro epilogo. In attesa che, anche su questo fronte, il buon senso possa trionfare.
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