Non è chiaro se abbia senso parlare di cultura in una città che, tra i suoi problemi più stringenti, annovera il traffico, lo smog, e il recupero di aree che dire dismesse è dire poco: alcune sono abbandonate da così tanto tempo che rischiano di venir tutelate come ecosistemi preistorici.
In più, abbiamo tutti la testa al Natale e, per quanto dolce può essere questa festa trascorsa in famiglia, sappiamo bene quanto i giorni che la precedano siano fitti di impegni, scadenze e obblighi sociali.
Nonostante questo e, in fondo, anche per questo, facciamo un respiro profondo e fermiamoci: parliamo di
cultura perché, a Como, la cultura ha un problema che va affrontato subito. Il problema, lo avrete letto, è il seguente: il Comune di Como intende spostare in estate la “grande mostra” ormai tradizionale e, per garantirne lo svolgimento nella sua sede naturale, Villa Olmo, finirà per “sfrattare” due manifestazione altrettanto consuete: la rassegna Parolario, dedicata ai libri, e Miniartextil, mostra di avanguardie tessili. Una coabitazione cronologicamente insostenibile che vede il padrone di casa - la Villa è comunale - prevalere sugli ospiti: la mostra ha dunque precedenza sulle rassegne.
Il sindaco Lucini ha già spiegato le ragioni di questa scelta della sua amministrazione: la necessità di allungare i tempi per il bando imposto dalla legge sulla gestione della mostra. Inoltre, lo spostamento della medesima mostra in piena stagione estiva è legato, ha detto Lucini, «a obbiettivi condivisi con gli albergatori». Come dire: avanti tutta con il turismo e la mostra, in questo ambito, può dare il suo contributo purché venga strategicamente collocata.
Questa determinazione del Comune riesce a essere esaltante e disarmante nello stesso tempo: da un lato annuncia una quasi inedita volontà di collaborazione con una forza economica e imprenditoriale della città - gli albergatori - in modo che il contributo del pubblico e del privato agiscano nell’interesse reciproco, dall’altro determina lo scontro tra preziose risorse della città - la mostra da una parte, Parolario e Miniartextil dall’altra - con la possibile estinzione di due di esse.
Il caso di Parolario è forse il più emblematico. Si tratta di una rassegna che, numeri alla mano, ha sempre ottenuto un ampio gradimento, che è cresciuta nel tempo e che, per sopravvivere, ha dovuto imparare ad arrangiarsi. I contributi regionali sono presto finiti, quelli degli editori non ci sono mai stati, e l’aiuto del Comune si è sempre limitato, in sostanza, alla concessione delle sedi: per anni la piazza Cavour, da due edizioni a questa parte Villa Olmo. Pur di perpetrare e radicare il “marchio” Parolario, i volontari a supporto dell’organizzazione hanno lavorato, almeno negli ultimi tempi, del tutto gratis.
In cambio di tanto impegno, la “pianta dei libri” si è irrobustita in modo incoraggiante superando le ventimila presenze. Un dato che non era sfuggito all’assessore alla Cultura Luigi Cavadini. Una sua intervista a questo giornale, nel settembre 2012, lo testimonia con chiarezza: «Confermo il mio apprezzamento per una manifestazione che, anche quest’anno, ha ottenuto risultati eccellenti ed è uno dei fiori all’occhiello della cultura cittadina. Il risultato è sorprendente e chi aveva dubbi su Villa Olmo deve ricredersi: ha dato a Parolario un successo esponenziale».
Noi dubbi su Villa Olmo come sede di Parolario non ne avevamo mai avuti e, anzi, siamo testimoni del fatto che, proprio dalla meravigliosa magione viscontea, la rassegna avena incominciato a sviluppare una sua unicità, una particolarità che l’aveva distinta da manifestazioni simili. Peraltro, non c’è dubbio che anche per la “grande mostra” Villa Olmo sia la collocazione predestinata, così come lo è per i progetti culturali, esistenti o in nuce, che la città coltiva: che questa opinione sia largamente condivisa lo si deduce dal progetto per la realizzazione di un polo culturale in quella sede presentato per ottenere il contributo finanziario della Fondazione Cariplo.
I dubbi emergono quando, invece che culla per manifestazioni diverse ma egualmente importanti per la città, Villa Olmo diventa teatro di scelte dolorose, invece che serra per la cultura cittadina diventa un setaccio che costringe a scegliere qualcosa in favore di qualcosa d’altro. Il prestigio di Parolario e Miniartextil lo si è costruito in anni di lavoro: non è pensabile distruggerlo in pochi giorni. Meglio lavorare da subito a una soluzione che consenta di aprire Villa Olmo a questi appuntamenti ormai, per Como, fondamentali. Sarebbe un primo passo per dare forma a quel “polo culturale” attivo tutto l’anno di cui si va parlando. Altrimenti, lo “sfrattare” Parolario e Miniartextil avrebbe tutta l’indelicatezza del gesto con cui si butta via un fiore. Un fiore all’occhiello, appunto.
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