Il rock comasco non piace ai turisti. Questo solo, nell’estate dimenticata dal sole, si è capito una volta per tutte. Non è chiaro se sia la parte musicale o quella locale la più indigesta, ma poco importa: i visitatori non amano le serenate elettriche sotto le loro finestre.
Lo ha fatto presente, con forza, Roberto Cassani, titolare dell’albergo Metropole Suisse di piazza Cavour. Nei weekend estivi, sul palco allestito in piazza si alternano band a gittata, più o meno, locale. Non è quello che i visitatori vorrebbero sentire, riferisce l’albergatore. Gli hotel che si affacciano sull’area più centrale della città vorrebbero garantire ai loro ospiti, oltre alla posizione strategica, anche un po’ di tranquillità. «Nulla in contrario a sopportare il disagio di qualche evento estemporaneo» afferma Cassani, «ma qui parliamo di tutti i fine settimana. Perché imporre concerti a chi non li vuole sentire, quando sarebbe facile spostarli altrove (lo stadio o i giardini a lago)? Oggi tutti parlano di turismo, ma qualcuno sa che cosa sia realmente il nostro turismo? E’ così che si pensa di aiutarlo?»
Per quanto sia difficile appoggiare una richiesta di silenzio in una città che storicamente si batte contro un’apatia quasi proverbiale, l’uscita di Cassani va considerata seriamente perché mette il dito su una questione centrale. Che la città di Como, così come la provincia tutta, con particolare accento sul lago, debba fare del turismo una carta da giocare per il futuro ormai lo dicono in tanti. Che ancora ci sia chi confonde il turismo con l’animazione è però un sospetto fondato. Nulla di male nell’animazione, questo sia chiaro, e, anzi, quanta più iniziativa e quanta più fantasia si mettono in circolo, tanto meglio è. L’animazione, però, la si può proporre ma non imporre e suggerire che il rock trovi posto in zone più defilate (di poco) non sembra poi irragionevole.
Di diverso profilo sono le proposte artistiche e culturali legate al turismo vero e proprio. In una recente intervista, la presidente del Teatro Sociale Barbara Minghetti auspicava una collaborazione più stretta tra enti e istituzioni in modo che, insieme, si potesse pensare alla valorizzazione delle potenzialità cittadine. L’esempio proposto dalla presidente era quello di Bregenz, città austriaca sede di un prestigioso festival musicale, i cui spettacoli vengono allestiti su un suggestivo palcoscenico galleggiante. «Como non ha nulla da invidiare a Bregenz» era il pensiero di Barbara Minghetti, «tutt’altro. Ma l’organizzazione di un festival di portata internazionale come quello organizzato lassù è una faccenda che comporta esperienza, conoscenze, investimenti, coordinamento e volontà politica».
In premio a tanto sforzo, si ottiene poco a poco un riconoscimento che a sua volta mette in moto un turismo specifico: quello che aggancia la vacanza all’evento e che, alla visita dei luoghi, aggiunge l’offerta culturale di livello, ovvero prestigiosa, originale e unica. Con tutto l’affetto per le rock band e per la voglia dei giovani di esprimersi su un palco, si tratta di una cosa diversa rispetto agli appuntamenti di piazza Cavour. Si parla di eventi musicali in grado di attirare visitatori, non di esibizioni che li colgono di sorpresa nei tranquilli weekend lacustri. Per arrivare a traguardi così importanti il cammino è lungo e difficile. Ma come tutti i viaggi, diceva qualcuno, anche questo comincerebbe con un singolo passo: cogliere la differenza tra un palco estemporaneo e un progetto culturale a grande respiro.
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