Il gelso, quel “murôn”
che fece grande como

Il gelso, il mitico “murôn”, come lo chiamava l’antico contadino lombardo in omaggio a Ludovico il Moro: un albero forte, generoso, amato per secoli dal popolo rurale e “nume tutelare” dell’industria della seta fino a metà del secolo scorso . Possiamo ancora in qualche modo onorarlo, il gelso, osservandolo svettare nelle aiuole spartitraffico dove i sindaci lo collocano per ricordare i tempi in cui fu un grande protagonista dell’economia. Qualche altro “murôn” ancora sopravvive nei prati, sui ronchi della Brianza e del Lario. Mi piace andare a scovarli e ammirarli. Tutto questo è però un esercizio di emozioni malinconiche perché sappiamo che vengono dal passato.

Leggiamo però improvvisamente, in questi giorni, che bisogna ancora, di punto in bianco, tornare a coltivare il gelso. Le vicende umane sono sempre balzani e capricciosi eventi che puntualmente i futurologi “ciccano” clamorosamente ed ecco quindi che la seta cinese è diventata troppo cara. Pertanto dobbiamo tornare a produrla noi, confidando nel generoso e grande amico “murôn”, nel ritorno della coltura del baco da seta, i favolosi “cavalée” che tanta gloria ebbero nelle cascine contadine e, perché no, nella storia delle nostre antiche genti. Fu questa della coltura del baco da seta, infatti, una grande bella realtà storica che fece delle nostre terre lombarde, porzioni di un’Italia povera ma di grande intraprendenza, coraggio e fantasia, le prime in Europa nell’industria della seta. Fu una grandezza che ebbe come sostegno un’infinità di valori che quindi occorrerebbe ricordare in pieno, magari anche in buona parte riproporre come esempio. E su questi valori poggiare l’auspicato ritorno alla coltivazione dei gelsi, alla coltura del baco e alla produzione della italica seta. Certo in queste nuove colture, certamente intensive dei gelsi non potranno più partecipare più quei coloriti personaggi che furono i “pelabrocch”. Chi erano? Furono quei ragazzi maschi (era inverecondo che una fanciulla salisse sull’albero) che quando i gelsi erano in pieno rigoglio venivano mandati sugli alberi a “pelare” le fronde, ovvero a “cattà la föja”, come si diceva allora. La foglia era il prezioso alimento indispensabile per il baco, il quale, mangia e mangia, con grande appetito, faceva tre dormite e poi alla quarta non si svegliava ed “entrava nel bosco”, ovvero si avvolgeva nel suo bozzolo. Curava tutta questa splendida attività, vero tesoro della natura, una donna, di solito, la “bigattera” che quasi sempre era la “resgiura” della patriarcale famiglia contadina. Ecco poi le filande con le legioni di giovani “filandere” che erano costrette a giornate lunghissime in fabbrica, alcune anche a scottarsi le dita per trattare i bozzoli: una storia tremenda e affascinante quelle delle “filandere”. Da giovane cronista raccolsi alcune storie di queste donne che erano “venute grandi” in filanda. Una di loto mi ricordò una bella metafora legata al baco: “quel lé el dorma de la quarta”. L’ho riascoltata di recente al bar davanti al teleschermo, rivolta a un centroavanti che era arrivato tardi su un perfetto assist. Viene dal baco che faceva tre dormite e alla quarta non si svegliava più. Dunque un modello legato agli antichi “cavalée” è giunto anche a commentare il calcio moderno.

Si tornerà veramente a produrre la seta in casa? C’è da augurarselo e non altro per tornare a bagnare il naso ai cinesi. Ricordo tuttavia che non è la prima volta che si affaccia questa idea. Più o meno timidamente ne sono state avanzate di analoghe anche in passato. Mi ricordo di una coltura intensiva di gelsi a Cassina Rizzardi. Rammento di un amico di Erba, molto esperto nel tessile, che negli anni Ottanta presentò all’Amministrazione Provinciale un dettagliato progetto per il rilancio della coltura del geslo e la produzione dei bozzoli. Ma non fu preso in considerazione. Esperti dissero che “non valeva la pena”. Rammento altre iniziative, una delle quali annunciava addirittura un super gelso capace di dare foglie in grande quantità. Questa non fu nemmeno presa in considerazione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA