Ci voleva un giorno rumoroso, di tensione e di sciopero, a ricordare un silenzio che verrà.
E si appresta a diventare un altro simbolo di questa estate, in cui si sono affacciati segnali timidi di ripresa o almeno di speranza, di una nuova fiducia. Ma l’altra faccia della medaglia è un’edilizia che rimane in fondo al tunnel e non riesce a scollarsi da lì. Il settore del lusso sul lago di Como cerca di smuoverla, tuttavia la risalita sembra ancora lunga.
Un promemoria che affiora dalle radici stesse del settore, dalla cementeria di Merone. Dove tra otto giorni il forno smetterà di funzionare. Un accordo con la Holcim è stato siglato lo scorso aprile, in modo da scongiurare gli esuberi, trasformati in cassa integrazione a rotazione.
Ieri la tensione è nata dalla mancata comunicazione su chi dovrà iniziare questa turnazione. Si vedrà nelle prossime ore se arriveranno certezze in grado di dare più tranquillità ai lavoratori.
Ma intanto questo caso diventa simbolico, appunto. E da più di un punto di vista.
C’è quello appariscente di un impianto storico che smette di funzionare all’interno del complesso. Di una attività che ha legato la sua storia a quella del territorio e che adesso deve cambiare pelle. Uno stop che sembrerà surreale a Merone e dintorni, dove si è guardato sempre a questa struttura come a un punto di riferimento.
Trasformando i tagli in ammortizzatori sociali, si è anche preso tempo per studiare cosa accadrà di questo mercato. D’altro canto, Holcim attraverso la voce del suo amministratore delegato Piero Corpina aveva sì espresso la speranza di una ripresa del mercato. Ma aveva anche realisticamente sottolineato che una svolta non era probabile a breve o medio termine.
Che ancora occorrerà stringerà i denti. Il che non significa stare ad aspettare, perché l’edilizia e l’indotto intero hanno bisogno di gesti concreti, di cui l’anticipo dei pagamenti pubblici da parte della Regione rappresenta solo un piccolo segnale. Una scossa, anche dai Comuni, ad esempio, auspicata dagli stessi sindacati con l’avvio di cantieri. Una specie di legge del contrappasso positiva, perché il pubblico ha contribuito ad affossare il comparto, proprio dilazionando il versamento di quanto doveva alle imprese: ora ha a maggior ragione sulle spalle la responsabilità di aiutarla a rimettersi in cammino.
Dal rumore di ieri quindi a un silenzio che rischia di provocare un frastuono pesante nel morale del territorio.
Ma ci sono altri aspetti che fanno pensare, uno in particolare. Una frase ricorrente sulle labbra dei lavoratori Holcim: «Che cosa ci aspetterà a settembre?». Loro la legano all’incertezza dell’inizio della cassa. Tuttavia, in generale questo è un periodo delicato perché iniziano le ferie e il timore di ciò che avverrà al rientro è diffuso. Tra gli imprenditori, che si chiedono se ce la faranno, tra i dipendenti che si domandano se troveranno l’azienda in piena attività.
Basta poco a infrangere un equilibrio, in un contesto che vede Como già alle prese con dati più preoccupanti rispetto al passato sul fronte dell’occupazione (e sono sempre addolciti dal salvagente Svizzera).
Tutti cercano un po’ di serenità, frammenti di fiducia da cui ripartire perché qualche segnale positivo sta balenando. E bisogna metterli insieme, con l’aiuto di tutti. Perché il silenzio di un forno non diventi ancora più forte. E per evitarlo la politica, oggi inchiodata al suo confuso vociare, deve passare dalle liti alle risposte.
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