Il mercato e la Como
che va progettata

In “Alla fiera dell’Est”, un vecchio successo del cantautore Angelo Branduardi, si comincia con un topolino comprato al mercato per due soldi e si finisce con un continuo mangiare e mangiarsi. A Como per la vicenda del restauro dell’ex padiglione grossisti del mercato coperto di via Mentana ci sarebbe da mangiarsi la mani oltre al rischio di divorarsi quasi due milioni di soldi pubblici, cioè di chi scrive, dei 25 lettori di questo pezzo e delle innumerevoli persone che neppure ci butteranno un occhio.

Perché il “nuovo” mercato è una scatola bella, anzi bellissima, proprio fatta bene. Che però è rimasta vuota. In pochi hanno risposto all’offerta di palazzo Cernezzi per insediarsi lì con un’attività commerciale. E adesso finisce che tocca rispolverare il strausurato luogo comune della cattedrale costruita nel deserto. Anche se qui il deserto non c’è. Anzi. Magari il problema è proprio il contrario: c’è troppo movimento in quella zona dove si vendono frutta, verdura, carni, pesci, insaccati, latticini e fiori.

Oppure sarà che l’epoca tormentata della crisi che stiamo vivendo è quella in cui i negozi (purtroppo) si chiudono ma non si aprono. Boh. Comunque sia, la realtà è lì da vedere. E suggerisce qualche considerazione, del tutto costruttiva, su un’amministrazione comunale ormai giunta a un anno e mezzo dalla scadenza che, qualcosa ha fatto, anche bene, ma senza rivelare qual è il suo disegno globale per un città che sta vivendo una complessa e delicata trasformazione da industriale-manifatturiera a turistico-culturale. Un processo che va indirizzato e guidato. Dice: e che ci azzecca il mercato rimesso a nuovo con questo? Ci sta se si ragiona sulla collocazione delle funzioni di una città. Mettiamo il caso, infatti, che la struttura fosse collocata dentro la Città Murata. Siamo sicuri che i posti sarebbero ancora non appetibili? Ecco, appunto, questo è il nodo. Allora forse non era il caso di valutare un’altra soluzione per l’area di via Sirtoni e via Mentana? Certo, l’intervento, come tanti altri, è un’eredità dell’ex amministrazione. Ma questo non obbligava l’attuale ad operare in continuità, com’è avvenuto peraltro anche in altre situazioni (con l’eccezione e non totale del cantiere del lungolago).

E la riflessione sul dentro e fuori il centro storico di Como non può non ritornare sul no, opposto dal Comune alla proposta di un autosilo interrato da realizzare in viale Varese per essere gestito dai privati che lo avrebbero poi consegnato a palazzo Cernezzi dopo trent’anni. Il rifiuto sarebbe stato determinato anche da un’altra filosofia sulla collocazione dei parcheggi a servizio del centro. Però il caso mercato conferma che la differenza fra dentro-fuori a ridosso- non vicino alla Città Murata c’è e si vede. E quindi? Forse è il caso di pensare davvero a un disegno globale per la Como in divenire. Ormai potrebbe quasi essere il programma elettorale di un centrosinistra in cerca di riconferma.

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