Alzi la mano chi non ha mai pensato: tanto alla fine ce l’ha vinta sempre lei.
“Lei” è la burocrazia, che tendiamo a personalizzare, visto che entra con un’ostinazione incredibile (e deprimente) nelle nostre vite e ci accompagna giorno dopo giorno, a ogni livello.
La svolta nel patto generazionale firmato cinque mesi fa da Unindustria e dalla Regione giova all’economia e al morale. Potrà far entrare 300 ragazzi accanto a lavoratori avviati alla pensione e magari bisognosi anche di un po’ di motivazione in questo periodo. Costruisce il futuro delle aziende, che hanno disperatamente bisogno delle energie, delle idee dei giovani, come ama ricordare spesso il presidente di Unindustria Francesco Verga.
È un toccasana però per il morale, aver abbattuto l’ultimo ostacolo burocratico, perché dimostra che non esiste un nemico invincibile. Che quando un’idea è buona, una proposta fattibile, un modello valido, non solo vanno in porto: vengono persino esportati. Difatti, già tentate dalla staffetta generazionale comasca sono altre realtà della Lombardia.
Di burocrazia Como ha sofferto tanto, anche più di altre zone. Concretamente, perché ha qui la Svizzera che ha le sembianze di un miraggio, a volte di una beffa quando si paragonano gli iter per fondare o ampliare un’attività: difatti la fuga delle imprese è stata costante in questi anni. Psicologicamente, perché poi si possono ottenere i migliori risultati del mondo, ma si è sempre qui a pagare un dazio doppio. Non solo quello fiscale, bensì la tassa occulta che non si può quantificare: il tempo perso per sbrigare tutte le pratiche, che a volte può avere un prezzo particolarmente drammatico.
Battere la burocrazia su un progetto così importante per il futuro ha il gusto della rivincita. E sprona a proseguire in questa direzione con ulteriore freschezza.
Perché Como era saputo già muoversi prima delle altre, vedi l’anticipo della cassa integrazione da parte del credito, che aveva richiesto un notevole gioco di squadra e poi è stato adottato a livello regionale. Ancora oggi, non si ferma mai nell’arruolare nuove pratiche e persone che si trovano in difficoltà: sempre di questi giorni è l’esempio dei social bond, con la possibilità di coinvolgere i risparmiatori nell’offrire un’opportunità di lavoro.
Cinquanta posti ad altrettanti comaschi, nell’operazione condotta da Creval. Trecento posti destinati ai giovani, che potranno tra l’altro contare su una formazione in diretta, e preziosa, quella di lavoratori che da una vita svolgono il loro mestiere e possono trasmettere segreti unici.
Sono segnali importanti, speranze da seminare sul finale di un anno che sul fronte dell’occupazione purtroppo non aveva ancora mostrato luci.
Tuttavia resta fondamentale anche questo messaggio: se si ha la testa dura, se si lotta uniti, e prima di tutto - va ribadito - se il progetto è valido, non c’è nessuno che possa mettere un freno, un ostacolo insormontabile.
Neanche quella burocrazia che non ha mai un volto, ma ne ha centomila, tutti sfuggenti. Neanche “lei” è abbastanza potente. E vale la pena ricordarselo per affrontare con coraggio i prossimi mesi. Magari portando a casa - e che trionfo sarebbe - la zona a burocrazia zero, che Como chiese un anno e mezzo fa.
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