Perché parlare ancora di pace, quando essa appare un sogno sempre più impossibile? E come parlarne senza scadere nella solita retorica vuota? E a chi rivolgersi, se coloro che hanno in mano i destini dei popoli sembrano tanto lontani e inafferrabili? Consapevole che questi interrogativi non sono nuovi né possono ricevere risposte adeguate e definitive, attingo dalla sapienza di san Giovanni XXIII un paio di spunti utili a vincere la rassegnazione, uno dei nemici più temibili della pace. Nunzio apostolico a Parigi, ogni anno, dal 1944 al 1953, in qualità di decano del corpo diplomatico, egli pronuncia il tradizionale discorso augurale di capodanno al palazzo dell’Eliseo, davanti al Presidente della Repubblica francese. Grande e instancabile tessitore di pace, Roncalli trasforma una consuetudine protocollare in occasione per offrire indicazioni sui passi concreti che singole persone e intere nazioni sono chiamate a compiere per costruire la pace.
Senza alimentare facili illusioni, egli non teme di andare controcorrente: la pace è possibile soltanto quando ognuno è pronto ad assumersi le proprie responsabilità e a pagare anche un prezzo salato pur di conseguirla. Per esempio, il 31 dicembre 1946 dichiara: «Questa situazione rende ancora più acuto il senso delle responsabilità individuali e collettive; sollecita più alto e più vivo, nelle coscienze, il sacro dovere che si impone a tutti, senza eccezione, in un’ora così grave e solenne: il dovere di sacrificarsi. Nessuna salvezza è possibile ormai, per l’umanità intera, se non a questo prezzo».
Molti anni dopo gli farà eco il cardinale Carlo Maria Martini, riflettendo sul doloroso conflitto che da decenni insanguina la Palestina: «Qui tutti vogliono la pace, però nessuno vuole pagarne il prezzo. La pace ha un prezzo. La pace si paga, richiede compromessi, anche nel senso di lasciar cadere alcuni diritti rivendicati. Se si parte con la sola idea che bisogna conservare la totalità dei propri diritti, non sarà mai possibile arrivare alla pace».
Come la salvaguardia del pianeta, la crescita demografica o la lotta alla fame, anche la promozione della pace esige una trasformazione, un cambio di stile di vita, delle rinunce. Troppo facile volere la pace senza sacrificare posizioni di potere acquisite, condizioni di vita agiate, procurate spesso alle spalle degli altri. Ammoniva Primo Levi: «Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che tornando a sera trovate il cibo caldo e visi amici: considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no».
Chiudendo la sua famosa enciclica, papa Giovanni richiama un altro principio: «La nostra invocazione in questi giorni sacri sale più fervorosa a Colui che ha vinto nella sua dolorosa passione e morte il peccato, elemento disgregatore e apportatore di lutti e squilibri e ha riconciliato l’umanità con il Padre celeste nel suo sangue: “Poiché egli è la nostra pace”». Se la guerra, ogni guerra, è conseguenza di egoismi, ingiustizie, prevaricazioni, avidità, in una parola, se la guerra è frutto del peccato, il cammino di pace inizia da una conversione personale e comunitaria che porta a perdonare per essere perdonati, a compiere opere di giustizia e di misericordia, a condividere fraternamente i beni della terra, a partecipare insieme alle conquiste dell’intelletto umano, a prendersi cura dei più deboli. Prosegue Roncalli: il Cristo trasformi gli uomini «in testimoni di verità, di giustizia, di amore fraterno… Accenda le volontà di tutti a superare le barriere che dividono, ad accrescere i vincoli della mutua carità, a comprendere gli altri, a perdonare coloro che hanno recato ingiurie» (Pacem in terris, n. 91).
Se la nostra preghiera per la pace così spesso sembra inefficace, forse è perché chiediamo la pace come qualcosa che riguarda gli altri. In realtà, quando nella Messa preghiamo per la pace, diciamo: «Domine, dona nobis pacem». Come dire: Signore, purifica il mio cuore da ogni fremito di ostilità, egoismo, divisione, connivenza. È esigente essere operatori di pace secondo il Vangelo. La pace è un dono dello Spirito così prezioso che nessun prezzo è troppo alto pur di ottenerlo.
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