Fino a due secondi fa Salvini era il poker d’assi, il totem onnisciente della politica sovranista, il maestro della comunicazione nell’agorà digitale, l’anima della festa, il Re Mida che non ne sbagliava una e pure il Demone, il Twittatore Nero, l’Attila implacabile e fascinoso che scardinava le fondamenta della vecchia Europa elitaria e moribonda. E tutti noi del rutilante circo mediatico a straparlare solo e soltanto di Salvini e Salvini di qua e Salvini di là e senti cosa dice e guarda cosa combina e vedi che una ne fa e cento ne pensa e via piroettando e saltimbancando e slinguando e trombonando, tutti sedotti, affascinati, invescati e soggiogati - nemici compresi - dal carisma irresistibile del dominus assoluto del mondo nuovo.
Adesso è diventato un coglione. Da quando è esplosa la crisi di governo, aperta nel pieno dell’estate dopo un evidente passaggio in fiaschetteria, anche l’ultimo diseredato si sente in diritto di trattarlo come lo scemo del villaggio. Manca solo che Mario Brega, il Mago del Tufello e Pagliaccio Baraldi gli tendano un’imboscata fuori dal Viminale per prenderlo a gatti morti in faccia e il quadro è completo. Ma il problema non è Salvini, così come non lo era Renzi, così come non lo era Berlusconi, così come non lo era Craxi eccetera eccetera. Il problema siamo noi. Noi italiani baffo nero mandolino, familisti amorali, fanfaroni sempre in cerca di qualcuno che ti risolva tutti i problemi senza pagare mai pegno, da mitizzare un minuto dopo la presa del potere e da gettare nel secchio un minuto dopo la caduta. E il problema siamo soprattutto noi fenomeni del sistema dei media, che in quanto a spirito critico, schiena dritta, assenza di partigianeria - e conoscenza della grammatica e della sintassi - non prendiamo lezioni da nessuno, signora mia.
Dopo aver visto in questi giorni ‘sto po’ po’ di delirio collettivo e già pregustando lo spettacolo circense che si prepara con l’esito delle consultazioni e conseguente governo Orfei tra Pd e Cinque Stelle oppure governo Togni tra Lega e Cinque Stelle oppure governo Medrano per portarci alle elezioni - perché tutto è ancora possibile in questa pazza pazza crisi - dovremmo finalmente imparare la sana pedagogia secondo la quale in politica, così come nella vita, non bisogna mai demonizzare e mai idolatrare nessuno. Che, invece, è esattamente quello che abbiamo fatto tutti quanti, noi pennivendoli in testa, con l’ovvio risultato di conferire a questi personaggi - oggi Salvini, ieri quegli altri, domani chissà chi - un’importanza, positiva o negativa, una statura, una visione, di cui sono privi, portandoci a perdere il contatto con la realtà e a farci così sprofondare, come al solito, nel ridicolo.
Salvini non è un fascista, non è un nazista, non è un razzista, non è un pericolo per la democrazia, non è un mostro sanguinario, il male assoluto, la quinta colonna dei russi e di tutti quelli che vogliono distruggere la nostra sana e bella democrazia. E invece mesi e mesi di maledizioni e alti lai e ululati e allarmi per le nuove camicie nere e appelli alla difesa della nazione figlia delle eroiche lotte dell’antifascismo e Salvini che corrompe e Salvini capo del Ku Klux Klan e Salvini che spara ai negri e Salvini che prende a calci in culo gli zingari e Salvini colonnello Tejero e Salvini Pinochet e tutto il resto della retorica moralisteggiante già ampiamente sperimentata per vent’anni con Berlusconi - che adesso viene quasi dipinto come un padre della patria, vedi un po’… - con la quale la sinistra si ostina pervicacemente a non capire mai una mazza della modernità e dei fenomeni politici e sociali prodotti dalla fine delle ideologie.
Ma gli altri mica vogliono essere da meno. E Salvini eroe e Salvini fenomeno e quanto è alla mano Salvini e come ama la gente comune Salvini e come non se la tira e come spalma la Nutella e come esibisce la panza senza vergognarsi e come parla chiaro e come è devoto alla Vergine Maria e come è lontano dal Palazzo (dove in effetti non si vedeva mai…) e via con tutta la retorica da strapaese su Salvini che difende l’Italia proletaria, orgogliosa e indipendente che pretende il suo posto al sole contro le élite europee corrotte e nichiliste e contro i poteri forti e contro le multinazionali e contro lorsignori e contro la Trilaterale e contro i padroni del vapore. Una fanfara che in alcuni augusti colleghi ha toccato picchi di servilismo, di leccapiedismo e di tengofamilismo degni dell’Istituto Luce della Buonànima: Salvini che bonifica le Paludi Pontine, Salvini che guarisce gli scrofolosi, Salvini che gioca con un pallone-mappamondo, Salvini che salta nel cerchio di fuoco, Salvini che invade la Polonia...
La questione non è quindi quella del Salvini fascista - cosa che non è e cerchiamo di piantarla con questa rappresentazione da avanspettacolo - e neppure quella del Salvini statista del millennio - cosa che non è e cerchiamo di piantarla con questa rappresentazione da villaggio vacanze. La questione è che Salvini è solo Salvini. E cioè il classico politico italiano, piuttosto vuoto di contenuti e quindi abilissimo a ingurgitare quelli più funzionali alla conquista del potere, capace di mille giravolte - così come Di Maio, Renzi e compagnia, che in queste ore stanno offrendo uno spettacolo che manco Fregoli – e formidabile nel rifilare al popolo bue tutte le balle che il popolo bue vuole ascoltare. E che gli può permettere di ritornare tranquillamente in sella poche settimane dopo la più rovinosa e grottesca delle cadute. Quindi bisognerebbe consigliare ai tanti soloni assisi in redazione di andarci cauti con i funerali del Capitano, perché poi magari cambia tutto e bisogna ri-riposizionarsi un’altra volta. Specialità nella quale solo in pochi sanno essere veri maestri, perché, come ricordava l’immortale Emilio Fede di Corrado Guzzanti, giustamente citato da Marco Travaglio sul “Fatto” di ieri, non c’è niente di più difficile che leccare culi in movimento.
@DiegoMinonzio
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