Di solito si dice “giustizia lenta ma inesorabile”. Ma stavolta più che altro è stata lenta e almeno finora inesorabile soltanto con i contribuenti di Orsenigo, chiamati a pagare il conto di una serie di gravi errori del Comune.
La Cassazione ha confermato un risarcimento di quasi mezzo milione a una famiglia che si era vista negare una concessione edilizia, come si chiamava allora. Nove gli anni di attesa, dal 1991 al 2000, prima che il Comune prendesse atto dei suoi comportamenti illegittimi, quindici quelli passati perché la coppia fosse risarcita, ventidue quelli trascorsi perché i giudici di Cassazione confermassero che i colleghi di primo e secondo grado avevano visto giusto. La vicenda giudiziaria, da un certo punto di vista, è persino lineare. Il tribunale di Como ha riconosciuto che l’allora sindaco Lorenzo Chiavenna danneggiò la famiglia Scordia sollecitando un accordo tra i proprietari di terreni interessati a un piano di lottizzazione d’ufficio che prevedeva la possibilità di costruire per la sorella e il cognato del primo cittadino e, per contro, la realizzazione di una strada e una piccola rotonda dove sarebbe dovuta sorgere l’edificio dell’altra famiglia. Così almeno ha fotografato il problema il giudice di primo grado. Così ha confermato l’appello, così ha ribadito la Cassazione. In mezzo vent’anni di perizie, pareri legali, ricorsi, non soltanto in sede civile ma anche davanti al Tar, con l’ex sindaco che ha scelto di patteggiare in sede penale. E c’è anche un interessamento della Corte dei conti.
Noi naturalmente l’abbiamo fatta breve perché l’ex sindaco, nonostante il patteggiamento che all’epoca non era riconoscimento di responsabilità, si è sempre detto incolpevole in tutte le sedi sostenendo che la parte lesa aveva costruito in altra zona dello stesso piano mentre i suoi successori, oltre a prendere le distanze da chi li aveva preceduti, hanno coltivato ricorsi in tutte le sedi per nove anni buoni.
Nel 2006, quando ormai della casa non più costruita interessava poco o nulla a tutti quanti, la giustizia civile ha ordinato all’ex sindaco e al Comune di pagare. E piuttosto profumatamente, trattandosi di 440mila euro.
Si potrebbe concludere che tutto è bene ciò che finisce bene se non fosse che, almeno dopo i primi vent’anni, sembra emergere un principio di sostanziale irresponsabilità dei pubblici amministratori rispetto ai danni che han fatto. Succede infatti che della condanna «in solido» - devono pagare tanto l’ex sindaco che il Comune, e se una delle due parti nicchia ne fa le spese l’altra - avrebbe sin qui risposto quasi esclusivamente la cassa dell’amministrazione comunale. Chiavenna cioè non si sarebbe affatto accollato la metà della condanna, come peraltro espressamente previsto da una delle tante sentenze sul caso. E i suoi successori, che pure qualche scelta poi sconfessata dai giudici l’hanno presa, non sono mai stati chiamati a rispondere a titolo personale.
Come dire che il quasi mezzo milione di risarcimento è finito in carico ai contribuenti di Orsenigo, che immaginiamo non particolarmente felici di trovarsi le tasse più alte per colpe altrui.
Bisogna dire che non è detta l’ultima parola. Può darsi che la giunta in carica, peraltro retta dal cugino del primo Chiavenna, provi a rientrare dalle somme fin qui anticipate. E poi c’è sempre la Corte dei conti che incombe. Ma purtroppo o per fortuna altrettanto fa la prescrizione. Può darsi quindi che nei prossimi vent’anni nuove e stavolta definitive sentenze consentano di recuperare i 440mila anticipati dal contribuente.
È possibile pronosticare un abbassamento dei tributi comunali, dunque. No, eh?
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