Pensi al Sorpasso e visualizzi il volto smargiasso di Bruno Cortona, un monumentale Vittorio Gassman nella pellicola di Dino Risi simbolo degli anni ’60. Cortona, scrocco in cerca di compagnia nel Ferragosto romano, circuiva un ingenuo Jean Louis Trintignant facendogli scoprire una vita ribalda, gaudente e cialtrona a lui ignota e, proprio quando l’aveva convinto, lo portava alla morte nell’ultimo fatale sorpasso con la Lancia coupé. Volendo buttarla in politica nel Pd verrebbe in mente più il bulletto Renzi che non Zingaretti con quei suoi tratti da tignoso burocrate. Eppure è quest’ultimo, stando non solo ai sondaggi che Enrico Mentana ci inzubisce ogni lunedì, ad aver dato la polvere ai Cinque Stelle. Dice: bella forza, sono al 20%, staccati dalla Lega di Salvini come un Malabrocca con Fausto Coppi. Vero, però provate a pensare solo tre mesi fa all’idea dello sgangherato Pd che passa i radiosi Cinque Stelle di governo ma pure un po’ di lotta. Vi avrebbero additato come lo scemo del villaggio. Mica male perciò, al di là dell’intoppo dell’indagine annunciata – se esiste, ammesso che ci sia, la giustizia a orologeria, le lancette non girano solo a destra – il debutto del fratello di Montalbano sulla poltrona più rovente della politica nostrana.
Di fronte a un elettorato che sembra insaziabile in quanto a fame di novità, quella del presidente del Lazio sembra essere stata recepita come tale. Una sommaria analisi dei flussi, poi, appare impietosa per Giggino & C., pure loro impelagati e di brutto nella grana dell’arresto di De Vito, presidente dell’assemblea comunale di Roma: ciò che esce dall’orcio bucato dei Cinque Stelle, va a cadere nel catino assetato del Pd. Insomma, qualche elettore in libera uscita ha deciso di rientrare in caserma, attratto dai guerreschi squlli della tromba zingarettiana che si propone di far cessare l’eterna ricreazione del Nazareno.
Chissà se va, direbbe Raffaella Carrà a Canzonissima. Certo, il clima interno al partito dei mille caca dubbi appare cambiato, con il renzismo giocoforza gettato via come se fosse soltanto acqua sporca, ma i trappoloni sul cammino di Zingaretti non mancheranno. L’obiettivo del nuovo capo è chiaro: riportare la sinistra in un unico ovile, prosciugare il pozzo pentastellato e lanciare la disfida al capitano Salvini che marcia come una ruspa nella sua opa egemonica sul centrodestra. Il rilancio inatteso di quell’Araba Fenice che, fino a prova contraria, è la flat tax, altro non è che il tentativo di piazzare il decisivo colpo di maglio contro quel che resta di Forza Italia, mettendo a terra l’ex Cavaliere tornato in sella per guidare le truppe nell’ultima e decisiva battaglia.
Chi pensa che il 4 marzo dello scorso anno vi sia stato un terremoto politico si prepari a un contro terremoto con il ritorno al bipolarismo e alla competition tra centrodestra e centrosinistra sia pure con condottieri e venature diverse dal passato. Il problema di questo quadro tellurico in costante movimento è che genera una campagna elettorale che rischia di non vedere il traguardo neppure dopo il voto europeo. Tante scosse ma senza quell’assestamento che magari potrebbe consentire a chiunque governasse di occuparsi sul serio dei problemi del paese, e hai voglia se ce ne sarebbe da fare.
Così invece tutti continuano a inquadrare nell’obiettivo l’elettore da concupire a colpi di slogan, promesse e sogni mostruosamente proibiti, e non le generazioni future da preservare e puntellare per evitare quell’esodo dall’Italia che preoccupa la politica molto ma molto meno degli sbarchi di migranti in Italia. Di questo passo si arriverà al “turn over”, qualcosa che farà molto bene ai fabbricanti di slogan, un po’ meno a quelli di futuro.
@angelini_f
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