Il taglio di poltrone
e la tela di penelope

Con l’entusiasmo di chi mette la testa sul ceppo del boia, gran parte dei parlamentari ha detto sì al taglio voluto dal furore anti casta dei pentastellati e favorito da un serie di contingenze e furbizie. Tra queste soprattutto la necessità di garantire la sopravvivenza di un governo che, di fronte ai primi scogli di politica economica, ha cominciato a balbettare e litigare, riaprendo un barlume di speranza nell’opposizione di centrodestra ansiosa di andare alle elezioni e riprendersi il potere, subito chiuso dal voto dell’altro ieri, che, paradosso dei paradossi, ha visto il concorso di Lega, Fdi e Forza Italia che, d’altra parte, non ci tenevano a sporcare la loro immagine elettorale passando per i difensori delle poltrone. Quanti danni fa la demagogia. Certo i 35 deputati presenti alla Camera nella seduta di lunedì, giorno che i politici vedono un po’ come i barbieri, a proposito di tagli, è stato un ottimo spot alla cura dimagrante di palazzo Madama e Montecitorio.

Adesso per continuare a mettere in sicurezza l’esecutivo presieduto da “Giuseppi” Conte, salterà fuori Penelope. In che senso? Perché c’è da cucire un nuovo abito per eleggere le istituzioni. Chi si ritrova con una taglia “small” o “medium” non può certo indossare il sistema “extralarge” di collegi sparsi per la penisola. E per tessere questa tela, possiamo esserne certi, salterà fuori la mitologica moglie di Ulisse con il suo stratagemma per evitare di finire in pasto ai Proci prima del ritorno dell’errante consorte. Cucire di giorno e disfare di notte la tela. Senza fretta, insomma. Come farà la maggioranza che ha sì tagliato le poltrone ma quelle rimaste le vuole tenere da conto. Anzi, con la prospettiva di un Parlamento con meno posti nella prossima legislatura meglio prolungare il più possibile quella esistente. Intanto ci sarà, con ogni probabilità, un referendum sul taglio dei parlamentari. Giusto per perdere altro tempo. Perché pensare che gli italiani, con l’aria che tira nei confronti dei politici alimentata anche da questi ultimi, boccino la cura dimagrante delle Camere. è pura follia. Peccato che si perderanno anche dei soldi per allestire la consultazione. Una parte di quelli risparmiati con la legge anti casta che peraltro, secondo i conti di una delle poche oppositrici, Emma Bonino, equivalgono al budget del Comune di Viterbo. Un altro referendum potrebbe esserci, ma la cosa è insicura, sul sistema elettorale maggioritario proposto della Lega e spinto dall’intero centrodestra. Comunque vada, contribuirà a dilatare ulteriormente i tempi. Poi sarà indispensabile, prima di tornare a votare, ridisegnare i collegi elettorali. Insomma ce n’è per arrivare in tutta comodità alle Calende Greche.

Per il governo però esiste un rischio. Il fatto che sia impossibile per lui tirare le cuoia potrebbe portare l’esecutivo a tirare a campare a causa dell’inasprirsi delle divisioni tra le forze politiche che lo compongono, tutte proiettate nella campagna elettorale che, pure remota ,prima o poi arriverà e occorrerà trovarsi preparati per sostenere l’urto di Salvini o di chi ci sarà alla guida dello schieramento ora all’opposizione. L’impossibilità di andare alle urne potrà essere anche una ghiotta occasione per Matteo Renzi che, ormai l’hanno capito anche i sassi, ha puntato il mirino contro Conte che peraltro sta dimostrando di potersi difendere piuttosto bene. Ma questo rischia di prolungare lo scontro e di non far bene all’azione di un governo che deve fare una manovra da equilibrista per evitare l’aumento dell’Iva e tentare di rilanciare l’economia stagnante con interventi efficaci sulla fiscalità a carico di famiglie e imprese. Camminare su un filo con qualcuno che ti spinge di qua e di là è quasi impossibile.

Come si vede la ricaduta del taglio dei parlamentari va ben oltre le presunte ragioni che l’hanno determinata. Forse sarebbe stato meglio pensarci. Ma se il nostro ceto politico è poco propenso all’attività intellettuale allora è giusto tagliare, in senso metaforico, qualche testa.

@angelini_f

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