Una parola risuona più potente delle altre e dà terribilmente fastidio agli imprenditori tessili lariani.
Non è crisi: a quella ci si è abituati, e non da cinque anni. Piuttosto, si tratta di “nonostante”. All’appuntamento dell’Osservatorio del distretto compare a raffica e Massimo Trabattoni - che è il vicepresidente della filiera tessile di Unindustria - non dissimula la rabbia che prova. Lui, e tanti suoi colleghi. Lui e tanti lavoratori, impegnati a realizzare ogni giorno prodotti apprezzati all’estero. Anche su territorio nazionale, si intende, se non ci fossero le tasche sempre più vuote.
Quei “nonostante” sono tutti i guai che rodono l’economia italiana, un sistema Paese che si perde per strada e una politica che si distrae in mille ragionamenti, neanche uno teso a sostenere (o almeno a non ostacolare) il tessuto imprenditoriale. Costituiscono una zavorra sempre più pesante.
Per questo motivo, a udire quei più che costellano la galassia del tessile a Como, viene da pronunciare un’altra parola: miracolo.
Ma gli imprenditori comaschi non ci stanno, perché sono con i piedi per terra. Danno un altro nome al prodigio: energia e talenti. Ciascuno fa la sua parte in azienda offrendo il meglio di sé, fingendo di non avvertire il peso delle spalle. Che è rappresentato dal costo del lavoro, ad esempio: pensiamo a uno dei principali ostacoli alla ripresa della domanda interna, i tanti soldi trattenuti dallo Stato, che nelle tasche dei lavoratori rivitalizzerebbero i consumi.
Certo, ad appesantire c’è anche altro. Dal fisco ad altri costi assurdi, come quello dell’energia, si ribadisce all’Osservatorio.
Eppure si marcia. La Francia continua ad adorare e chiamare i nostri prodotti, come la Spagna e la Svizzera che ne chiedono sempre più. Non è un processo automatico, in un mondo globale che lancia continue sfide e non permette di stare fermi neanche un istante.
Lo stesso talento va coltivato, potenziato e difeso. Il mondo del tessile offre i suoi dati ,sorride anche a quelli nascosti, che non compaiono cioè nelle indagini come quelle del Centro studi di Sistema Moda Italia ma che comunicano ulteriore speranza. La crescita costante delle iscrizioni al Setificio parla chiaro. Si chiama fiducia nel futuro, significa che giovani e famiglie non fuggono più dalle aziende tessili, ma le considerano parte della loro vita e un porto, se non sicuro, più affidabile di tanti altri che hanno alimentato illusioni in passato.
Un bilancio che incita a proseguire nelle direzioni giuste, dal fare rete all’investire costantemente nella tecnologia. E che non toglie però quell’irritazione che fa mormorare, affermare, infine esclamare a qualche imprenditore in più: andiamo a Roma, scendiamo in strada.
Poi non lo si fa, almeno per ora. Un giorno forse accadrà, perché ci si stancherà di questa zavorra crescente. Ma per adesso si è troppo occupati a lavorare, a marciare.
La destinazione non sarà il paradiso; intanto però si fanno i miracoli.
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