Il Ticino non è più l’Eldorado che ancora fa parte dell’immaginario collettivo. I motivi? Legittimati dai dati sono almeno tre: aumenta nel cantone il numero delle aziende che falliscono, diminuiscono gli stipendi, aumentano anche lì gli ostacoli nel fare impresa.
Detto ciò, il cantone resta comunque meta di molti che cercano lavoro fuori dall’Italia. Ciò è vero al punto che è aumentato il numero di naturalizzazioni, cioè di italiani che chiedono e ottengono la cittadinanza svizzera. Lo scorso anno ha ricevuto la cittadinanza svizzera il 3% di persone in più rispetto al 2012 e i naturalizzati provenivano in particolare da Italia (4665) e Germania (3925). L’aumento più marcato è stato registrato fra i cittadini francesi, con un +41%. Fra i tedeschi la crescita è stata del 14%, fra gli italiani del 12%. Il cantone più vicino a Como è ancora un sogno per molti, ma in questi giorni alcuni dati di fonte svizzera dicono che qualcosa sta cambiando. Se infatti stando alle iscrizioni al registro di commercio pubblicato dal gruppo Bisnode aumentano le imprese, con tassi di crescita doppi tra gennaio e luglio, crescono anche i fallimenti. Imprese che falliscono perché hanno lanciato il cuore oltre la siepe Italia e poi hanno scoperto che anche in Ticino non è tutto rose e fiori? Gli imprenditori danno la colpa alla crisi, anche se qualcuno tra loro conferma che regole e cavilli si stanno moltiplicando anche nel Cantone. A spiegare questa situazione è il titolare dell’azienda Medacta che si occupa di prodotti ortopedici, con sede ticinese a Castel San Pietro. Il presidente dell’impresa vuole assumere 70 persone e vorrebbe anche i frontalieri, già il 70% della sua forza lavoro. Detto ciò, l’imprenditore subordina le assunzioni, che vorrebbe perfezionare nel 2015, ad un ampliamento della propria sede aziendale. Allargamento di spazi che però non è scontata e trova qualche ostacolo nella… burocrazia-democrazia.
Il significato è che anche se le autorità hanno detto sì all’ampliamento della sua azienda, voce in capitolo ce l’hanno anche i cittadini che possono dire la loro e l’avrebbero già fatto, avanzando perplessità in merito a viabilità e rumori che una Medacta più grande potrebbe, a loro dire, causare.
In Ticino dunque le difficoltà potrebbero, dice il presidente della Medacta, anche invogliarlo a traslocare nei Grigioni, benché egli stia facendo di tutto per promuovere una mobilità il più possibile rispettosa del territorio sul quale insiste l’azienda. L’altro “cambio” di prospettiva che va delineandosi in Ticino riguarderebbe invece la busta paga dei frontalieri. Il compenso dato a chi, da straniero-italiano, lavora in Ticino non sarebbe, per chi non possiede qualifiche speciali, faraonico, ma tenderebbe a diminuire attestandosi sui 1200 euro.
In altri tempi, assicurano i frontalieri, si guadagnava di più, ma vista la situazione italiana, su uno stipendio del genere, per un lavoro come potrebbe essere quello di un commesso o di un operaio non specializzato, non ci si sputa. Per chi ha invece una specializzazione, un medico ad esempio, una clinica privata in Ticino rimane una meta da raggiungere, con ottomila franchi iniziali al mese (in Italia se ne prendono poco più di 3mila). Il Ticino dunque sta cambiando, non è più il posto dove tutto fila liscio.
Tuttavia, continua la fuga dalle zone italiane di confine verso la Svizzera, continua , ma cambia. Ancora una volta a svantaggio dell’Italia.
Gli italiani non solo vogliono lavorare di là, ma vogliono stare di là. Su questo da italiani bisogna riflettere, il disamore verso il proprio Paese sarebbe tale da far superare l’atavica rivalità Italia-Svizzera a vantaggio del secondo Paese?
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