Si sa che anche Expo ha i suoi lati B, che sarebbe opportuno tenere nascosti. Tra questi si deve annoverare quello delle stazioni. Ci dicono, a ragione, che il treno ha un ruolo centrale in questa esposizione universale milanese. Ce l’ha per i comaschi che intendono recarsi a Rho. L’uso del mezzo privato, infatti, non è proprio il massimo. C’è il rischio di rimanere imbottigliati nonostante siano state potenziate le infrastrutture viarie. Poi i parcheggi non sono proprio comodi e convenienti.
Insomma, a meno che non si vogliano cavalcare veicoli a due ruote più o meno motorizzati, la strada ferrata nelle sue varie declinazioni (treno da Como e provincia diretto a Rho Fiera oppure convoglio ferroviario più metropolitana) resta consigliabile. Idem con patate (il tema di Expo è l’alimentazione) il discorso relativo ai turisti che dopo il tour tra i padiglioni decidono di fare una puntata in città. Vista la situazione parcheggi nelle zone strategiche di Como e il discorso traffico stradale di cui sopra, il treno svetta nella hit parade dei mezzi di trasporto. Peraltro dalle due stazioni di Como San Giovanni e Como Lago, il centro e l’area più panoramica della città al netto del cantiere per le paratie, si raggiungono con facilità a piedi o con le biciclette a noleggio disseminate in vari punti della convalle.
Saggio è stato da parte di Trenord potenziare i convogli. Ne parte o ne arriva uno ogni mezzora. Più serviti di così non si potrebbe essere. Questo però, tralasciando gli atavici ritardi, è il lato A del treno per Expo. Quello B, come detto, riguarda le stazioni. Dice: ti ho dato la torta e vuoi pure la ciliegina? In fondo la mission principale delle stazioni è quello di far fermare i convogli per consentire ai passeggeri di scendere e salire. Un lavoro che, per quanto riguarda i collegamenti con Expo, è svolto con efficienza.
D’accordo, però l’occasione della grande rassegna universale si sarebbe potuta sfruttare per metterle un po’ a posto queste stazioni. Oltretutto per quella principale di Como, San Giovanni, c’era stata anche la promessa di ultimare entro l’inaugurazione di Expo i lavori per adeguarla ai tempi che viviamo e non lasciarla a un secolo e fa. Se si trattasse un porto, si potrebbe parlare di promesse da marinaio. Ma ferrovieri non sono proverbialmente noti per l’inattendibilità. E poi in questo caso neppure c’entrano. Ci azzecca invece l’ennesima beffa a una città che chi gestisce le ferrovie non riesce proprio a considerare turistica. Si informasse: basta digitare “Como “su un qualunque motore di ricerca. Ma forse questi sono strumenti troppo moderni per coloro che hanno che fare con le stazioni. Lo si evince anche durante il viaggio su rotaie da Como all’Expo in cui si fa fatica davvero a rendersi conto di vivere nel terzo millennio. La seconda fermata che si trova sulla tratta dopo San Giovanni, per esempio, quella di Camerlata Albate riporta all’epoca del dopoguerra, pieno neorealismo tanto che uno si aspetta di vedere Rocco e i suoi fratelli che scendono dal vagone con le valigie di fibra.
Sarebbe stato importante anche integrare questa stazione con quella poco distante così da garantire una rete di collegamenti dalla Svizzera fino a buona parte dei comuni della provincia. Ma anche questo è un progetto che deve essere realizzato.
Peccato perché Expo è un treno che passa una volta ogni cento anni. E, con questo andazzo c’è il rischio che a prossima volta il panorama delle stazioni non sia cambiato. Del resto cosa volete più: oltre che nello spazio si viaggia nel tempo. E senza neppure pagare il supplemento.
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