Expo sta arrivando e Como non sa cosa mettersi. Mancano cento giorni all’esposizione universale che-tremare-il- mondo- fa e dal beato mondo delle illusioni, del futuro e del condizionale, il mondo del «faremo» e del «che bello sarebbe» occorre calarsi bruscamente in quello reale, in cui governa l’indicativo presente («facciamo»). Passaggio arduo, poco consono alla mentalità italica, ma necessario e ineludibile, anche a Como.
Como che, almeno dal punto di vista turistico, gode di una posizione invidiabile. Lo dicono le cifre diffuse ieri (fonte Travel-Expo): la
nostra provincia è stata l’unica in Lombardia a fare registrare il segno più negli arrivi nel periodo autunnale. Un’ulteriore conferma che il marchio “Como” gode di un prolungato periodo di grazia. E in particolare “tira” molto la città di Como, i cui dati di arrivi e presenze sono in aumento. Nonostante tutto, verrebbe da dire.
A conferma di questa tendenza, ieri una ricerca della Camera di Commercio di Milano ha rivelato che i turisti stranieri nella nostra provincia l’anno scorso hanno speso qualcosa come 736 milioni di euro, 1.400 miliardi di lire. In questa classifica lombarda siamo secondi solo a Milano.
Le premesse ci sono, insomma, perché possiamo guardare ai mesi di Expo con cauto ottimismo. Anche alla luce del fatto che - pure questo dato è di ieri, della Camera di Commercio - nel periodo dell’esposizione milanese, nel Comasco saranno a disposizione sei milioni di posti letto (numero di letti per giorni di apertura) su un fabbisogno totale di 34 milioni. Prendendo per buona anche solo parte delle previsioni, è chiaro che Como diventa un punto di attrazione.
Inevitabile, a questo punto, chiedersi in che modo ci accingiamo ad accogliere un numero di turisti superiore a quello dell’anno di grazia 2014. Cosa troveranno a Como? Meglio, come troveranno Como? Il primo aspetto che coglie un turista è di solito il decoro: pulizia, manutenzione, l’impressione generale di gradevolezza. E se una città gode di una certa fama turistica, le aspettative sono ancora più alte. Mettiamoci dunque nei panni di un gitante che arriva a Como, poniamo in treno, che dovrebbe essere il mezzo più comodo e utilizzato. Se il nostro turista scende a Como Lago, la prima veduta che gli regaliamo è sul cantiere paratie. Noi sappiamo cosa c’è dietro: sette anni di cantiere fermo, gli scandali, il muro, le polemiche, i costi, la difficile opera di ripartenza, la speranza di una ripresa dei lavori, eccetera eccetera. Il turista, no. Non sa nulla e nemmeno gli interessa. Vede e registra nella sua mente di turista una rete, assi, teloni, un’area completamente abbandonata in riva a quel magic lake decantato in tutto il mondo. Per fortuna, più avanti, se non inciampa, riesce a trovare un pezzo di lungolago come si deve, che però finisce presto. Se invece il nostro turista scende a Como San Giovanni deve subito superare un sottopassaggio da periferia di Beirut, quindi affrontare una scalinata derelitta e attraversare un giardino mal tenuto e peggio frequentato. Sperando che non sia buio.
Si potrebbe continuare a lungo, elencando le tante, troppe piccole cose che attendono di essere sistemate in città e che a quanto pare non lo saranno prima di Expo (e forse nemmeno dopo). Piccole grandi cose come attenuare l’impatto del cantiere paratie, sistemare i giardini a lago, le passeggiate di villa Olmo e villa Geno, l’area del Monumento ai Caduti,curare meglio il verde pubblico, pulire il lago e così via.
C’è poi il problema mobilità. Dove parcheggeranno i turisti? E i loro pullman? È stato predisposto un piano? E se una volta a Como i visitatori avessero la malsana idea di spostarsi a Cernobbio, Brunate, Bellagio o Menaggio? Lo sanno che di sera o nei festivi cercare un biglietto del bus è come affrontare una caccia al tesoro? Sanno che alle otto di sera i pullman extraurbani spariscono, come i treni per Milano poco più tardi? Abituati alle altre città turistiche si chiederebbero poi perché mai qui non esiste qui un biglietto unico per treno, bus, battello e funicolare. O per i musei. Da prenotare on line, addirittura. E l’informazione turistica? Si possono ancora concepire (alcuni) uffici chiusi la domenica e in pausa pranzo?
Sono tutte domande retoriche, dalla risposta scontata. Domande che ci si sarebbe dovuti porre il giorno dopo l’annuncio di Expo a Milano. Qualcosa sarà fatto, come il monumento Libeskind o l’infopoint del Broletto, sempre che arrivino in tempo. Per il resto, alla maniera italica, eccoci sperare nello spunto dell’ultimo minuto, nella zona Cesarini. Ma non è detto che qualcuno faccia gol.
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