In genere è un esercizio vano quello di cercare nel passato la soluzione ai problemi del presente. Ma è pur vero che avere consapevolezza di ciò che si è stati aiuta a capire meglio chi siamo e dove possiamo andare. Non è tempo perso la visita alla mostra che il gruppo simplyComo ha organizzato al casello dell’acquedotto industriale (di fronte al Tempio Voltiano). Vi si racconta di quando Como, nel 1899, organizzò nell’area a lago – tra i giardini e l’hangar, giusto per usare i riferimenti di oggi – una propria esposizione universale per celebrare il centesimo anniversario dall’invenzione della pila.
Fu un evento straordinario e lo dicono i numeri: una piccola città (gli abitanti erano pari a quelli dell’attuale Cantù) seppe portare in riva al lago circa 200mila persone da tutto il mondo. Più o meno lo stesso numero di visitatori che frequenta le ultime edizioni del Salone del Mobile quando, allora, ci si spostava al più con il treno a vapore e dall’America si arrivava in Europa con il piroscafo. Non c’era Internet, non c’era Clooney ma di noi parlò tutto il mondo.
I padiglioni si guadagnarono la prima pagina dei giornali illustrati, anche allora c’erano i cluster di Expo 2015 solo che i comaschi, anziché al cacao e al caffè, pensarono al legno, alla seta e al florovivaismo (almeno in questo nulla è cambiato). Venne a Como due volte il re e quando uno spaventoso incendio distrusse quasi interamente i padiglioni, i cittadini seppero trovare da sé i soldi, mettendo mano al portafogli, per ricostruire tutto in poche settimane. Sì, poche settimane quando oggi, per mettere quattro tornelli intorno allo stadio, servono due tre mesi tra lavori e burocrazia.
Il giornale “La Provincia”, già allora un punto di riferimento fondamentale della città, lanciò una sottoscrizione tra i lettori e in una sola sera raccolse 20mila lire (circa 70mila euro). In riva al lago furono costruiti padiglioni in legno in stile liberty, ispirandosi alle grandi esposizioni dell’epoca. E negli anni in cui Como, con l’infrastrutturazione del lungolago, iniziava a coltivare il turismo, fu realizzato un ristorante panoramico con tanto di terrazza a 40 metri di altezza. Non solo, in quei mesi dell’esposizione fu inaugurata la prima linea del tram, mentre pochi anni prima era stata completata la funicolare.
Nel giro di pochi anni Como cambiò volto. Una situazione impensabile ai nostri occhi abituati a considerare cronici i problemi della città (pensiamo alla Ticosa o al lungolago) che un tempo avrebbero considerato bazzecole. Viene facile pensare che ci vorrebbe un po’ dello spirito e dell’intraprendenza del passato ma, certo, le cose sono più complesse ed è esercizio ardito catapultare le vicende antiche in un contesto totalmente diverso. I comaschi di allora, tutto sommato, forse non erano migliori di quelli di oggi ma certo in quegli anni la nostra città, in una fase di radicale trasformazione, aveva goduto di una contingenza del tutto favorevole che l’aveva portata ad avere una fama e un rilievo internazionali. straordinari. Avere consapevolezza di ciò può favorire, questo sì, ad affrontare i problemi del presente con un approccio più dinamico ed aperto, accogliente e disponibile di fronte al nuovo che può aiutarci a crescere e tornare quello che siamo stati.
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