La recente notizia del trasferimento a Turate di un’azienda supertecnologica milanese in cerca di espansione come la “Aerea” di Silvano Mantovani mostra che se i sindaci cambiano il modo di guardare all’imprenditoria questo Paese può davvero riprendersi il proprio futuro.
A fronte di uno Stato che ancora non ha onorato gli impegni nel sostegno alle imprese, a iniziare dai propri debiti, nel Comasco non sono rari i casi di piccoli Comuni amici delle imprese non solo a parole.
L’accoglienza alle imprese costa, e, come mostra il caso di Turate, per metterla in pratica in uno scambio reciproco di opportunità bisogna essersi preparati per tempo con progetti e investimenti.
Nel caso in questione lo hanno fatto ben due sindaci. Prima Leonardo Carioni la cui amministrazione ha individuato le aree su cui far crescere per le aziende un nuovo comparto industriale e poi l’attuale sindaco Cristiano Banfi che oggi parla alla Provincia di agevolazioni fiscali, proroghe, infrastrutture, fibra ottica, tutte cose con cui va incontro alle esigenze delle imprese sulla nuova area.
Un linguaggio, quello che arriva da Turate, che in fondo non è diverso da quello che da almeno due decenni utilizzano i Governi esteri, dall’Est Europa al Maghreb all’Estremo Oriente, dei Paesi che sanno attrarre gli investimenti esterni facendo leva su agevolazioni di ogni genere e sull’azzeramento o quasi della burocrazia, leve probabilmente più potenti per le nostre aziende di quanto non sia un costo del lavoro che un po’ ovunque all’estero sta lievitando.
Un linguaggio che, invece, è lontano anni luce da quello di una politica economica nazionale respingente e che ancora non ha mostrato di saper o voler fare un piano industriale per il Paese.
La provincia di Como, per “Aerea” è stata, come ha riconosciuto Mantovani, una scelta di prim’ordine anche rispetto alla possibilità di trasferirsi negli Usa. Ma lui, 82 enne che guarda al futuro, ha dichiarato alla Provincia che fra le ragioni che gli hanno fatto scegliere Turate c’è stato il fatto di aver incontrato un sindaco, Carioni, per il quale un’azienda “rappresenta un valore” per il suo territorio.
Gli imprenditori, si sa, non sono mai contenti. Più sono creativi, visionari e alti negli standard che si prefiggono e meno si accontentano di ottenere semplicemente risposte oggettive a quel che vogliono. Chiedono piena condivisione, vogliono assicurarsi che chi si prepara ad accogliere quanto hanno di più caro, spesso la loro azienda, capisca fino in fondo il valore che si sta portando in casa.
Specialmente se, come nel caso di “Aerea”, si tratta di un’azienda di 120 dipendenti che vende nel mondo il 90% della produzione ai maggiori player mondiali dell’aeronautica e non ha nessuna intenzione di rinunciare alle “maestranze” italiane.
Quindi, come ha messo in conto anche il sindaco di Turate, la nuova operazione lascia spazio anche alla speranza di nuova occupazione fra i giovani del territorio. E, di nuovo, la politica romana torna a sembrare distante anni luce, con il “job act” fase due in arrivo al Senato entro luglio e in discussione alla Camera da settembre per la riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e le politiche attive. Cose importantissime, certo, per chi perde il lavoro, ma che restano orfane di un piano per creare nuovi posti.
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