Indignano soltanto
i privilegi altrui

Il tempo dei privilegi è finito. Siamo tutti d’accordo. Ogni volta che - immancabilmente - ne spunta uno nuovo siamo tutti pronti a sproloquiare contro la Casta di turno. «È una vergogna», «È ora di dire basta» e via discorrendo. I classici discorsi da bar. Ma appena la fine di un privilegio ci tocca da vicino lo scenario cambia completamente.

Scatta la sindrome dell’assedio, ci si sente ingiustamente presi di mira, ci si chiede: «Perché proprio io?». E così succede che una convenzione apparentemente sensata, con tariffe apparentemente ragionevoli (35 euro al mese per cinque giorni settimanali, 40 euro per sei), diventa improvvisamente inaccettabile a un passo dalla firma. È quanto sta succedendo all’autosilo di via Auguadri, dopo l’azzeramento dei 150 posti gratuiti per i dipendenti del Tribunale, che scatterà inesorabilmente - salvo sorprese - lunedì prossimo. I tentativi di accordo, dopo un estenuante tira e molla, sono miseramente naufragati. Il motivo, mai dichiarato apertamente dai vertici del Tribunale, è la sollevazione che la fine del privilegio ha provocato nei dipendenti di Palazzo di giustizia. Tanto da far saltare una firma che sembrava ormai scontata e alzare progressivamente il livello dello scontro istituzionale tra il Comune di Como e il Tribunale. Con un corredo assortito di iniziative, che vanno dall’appello all’Avvocatura dello Stato inviato dal presidente Nicola Laudisio alla diffida a Palazzo Cernezzi annunciata dai rappresentanti sindacali dei lavoratori del Tribunale, fino all’annuncio di iniziative di protesta eclatanti per lunedì, quando saranno disattivati i badge per i 150 dipendenti che dal lontano 1993 hanno avuto il privilegio di parcheggiare gratis.

La vicenda, a voler ben guardare, è piuttosto ingarbugliata ed è difficile dare una valutazione univoca definitiva. Di qualche aiuto, in proposito, può essere proprio la lettera del presidente Laudisio, che ripercorre la cronistoria del difficile rapporto tra Palazzo Cernezzi e il Tribunale, dall’epoca della convenzione con cui il ministero di Grazia e giustizia impegnò 5 miliardi di lire per ampliare l’autosilo - strappandone in cambio l’usufrutto gratuito di 200 posti, 50 dei quali blindati a uso dei magistrati - fino all’accordo in base al quale lo stesso ministero avrebbe poi dovuto integrarne le spese di gestione. Lo fece fino al 2005, con 30mila euro all’anno. Poi più nulla, salvo giustificarsi nel 2008 con una lettera in cui si richiamavano i contenuti di una legge del 1941, che imponeva ai Comuni di farsi carico di tutti i costi delle sedi ministeriali.

Non stiamo, insomma, parlando di un fulmine a ciel sereno. Il problema dei “parcheggi privilegiati” fu sollevato in consiglio comunale circa tre anni fa da Mario Molteni (lista per Como) e la pratica finì in mano all’amministrazione Bruni, che annunciò l’intenzione di chiarire e sanare tutte le anomalie.

Questo avvenne, all’inizio del 2011, per i dipendenti dell’Amministrazione provinciale, che dal 2004 godevano senza averne titolo di uno sconto del 40% sui parcheggi gestiti da Csu, senza vincoli di giorno, orario o zona. Il “fronte tribunale” restò invece al palo e la palla è finita tra le mani della giunta Lucini. «Erano anni - ha dichiarato ieri l’assessore Marcello Iantorno - che chiedevamo chiarezza, anche alla precedente amministrazione, che non fu mai in grado di fornire i ragguagli che invocammo dall’opposizione. La realtà è una soltanto: non ci sono convenzioni e non ci sono accordi. Non esistono, cioè, motivi validi per i quali non si debba pagare la sosta».

I tempi sono cambiati, i privilegi sono stati progressivamente aboliti, la sosta a pagamento ormai è la realtà (condivisibile o meno) di questa città. La convenzione proposta dal Comune, infine, è identica a quella prevista per i suoi dipendenti. È vero che a Palazzo di giustizia ci sono persone che guadagnano 1.300 euro al mese e che anche 35 o 40 euro pesano, eccome. Per loro come per qualsiasi altro lavoratore.

La legge è uguale per tutti. È scritto anche nelle aule di Tribunale. O no?

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