Per 67mila studenti comaschi e per qualche milione di coetanei di tutta Italia, questa mattina riapre il circo della scuola, dopo un’estate molto turbolenta. Della riforma, a noi mamme e papà, interessa così così, anche perché la sensazione (a pelle e a giudicare dal grido di allarme di tanti presidi, di cui diamo conto a pagina 7) è quella che finora sia cambiato poco, almeno per quanti, la maggioranza, siedano da questa parte della barricata.
Anche a Como la ripresa dell’anno scolastico è stata anticipata dalle solite riunioni operative. Insegnanti in cattedra, genitori sui banchi a prendere nota di raccomandazioni e richieste, con la penna in una mano e il portafogli nell’altra.
Dopo settimane di lavoro, gli istituti scolastici comunali stanno meglio, almeno da un punto di vista strutturale, ma la cosiddetta #buonascuola che piace tanto al nostro presidente del consiglio è probabilmente un’altra cosa.
Senz’altro non è quella che chiede soldi, quella cui serve il consueto, “piccolo” fondo spese per garantire un minimo di attività extracurriculari, per l’assicurazione degli studenti, per la carta igienica o per il toner. Né può essere quella dei libri, il cui prezzo cresce di anno in anno lento e inesorabile come una marea bretone nell’epoca della digitalizzazione totale, e meno che mai quella dei troppi professori che ancora mancano, e che consentono a certi istituti di ritrovarsi in braghe di tela, come lamentano ancora tanti dirigenti di istituto.
Chi scrive ha una figlia che affronta una terza media. Al termine di quest’anno, lei e i suoi compagni di classe avranno già fatto in tempo a cambiare tre insegnanti di lettere, tre di matematica, tre di inglese. È normale?
La sensazione, allora, è quella che la scuola non cambi mai. Che rimanga sempre identica a se stessa, al netto - per fortuna - di migliaia di belle eccezioni e di professori che credono nel proprio mestiere.
Ecco: oggi che si ricomincia, riforme a parte, l’auspicio è proprio questo. Che gli insegnanti - quelli che a Renzi sono grati per avere ottenuto finalmente una cattedra e quelli che invece lo infilerebbero volentieri in un plinto di cemento - sappiano prima di tutto amare questo esercito di milioni di studenti che un po’ disorientati si affacciano alla vita adulta.
Sono collezionisti seriali di passioni, di interessi, di curiosità; spesso viziati, pigri, stanchi e maleducati, oppure terribilmente seri e disciplinati. Gli stessi di sempre.
Diceva qualche anno fa il vecchio preside di un liceo comasco che gli anni volano via, le mode cambiano, le ferriere chiudono e le start up impazzano ma che i ragazzi - benché a tutti noi sembrino così cambiati rispetto ai nostri coetanei di un tempo - i ragazzi no, restano sempre gli stessi, ancorati a un’età che li rende simili e magicamente eterni. Di questo hanno bisogno: di maestri e professori che abbiano prima di tutto stima di loro, e che non perdano occasione per dimostrarglielo. Che sappiano accendere la luce nei loro cuori.
Servono passioni, a cominciare da quella per la vita, che si può e si deve imparare anche sui banchi di scuola.
Soliti discorsi? Forse. Ma l’esperienza di tanti genitori insegna che ripeterlo per anni non è bastato. La buona scuola è una sola. Quella che fate voi professori.
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