c’era una volta l’America. Il distretto brianzolo dell’arredo non perde di vista gli Stati Uniti, è chiaro.
Sono un mercato che chiama ancora, affascinato dalle sete lariane come dai mobili della Brianza, e che rappresenta un punto di riferimento, come ha sempre sottolineato Federlegno.
Ma non ci si può fermare. Il sogno americano è una metafora e si veste anche di altri colori. Si è affacciata la Cina, ad esempio, con i suoi nuovi ricchi che dopo aver sentito l’esigenza di indossare i nostri marchi più lussuosi, cominciano a pensare a come arredare adeguatamente le case. Un processo più lento, rispetto ad altri settori, ma su cui gli imprenditori puntano molto. Attenzione, puntare non significa attendere: ecco che sempre più si viaggia, si aprono nuove basi per colpire con maggiore efficacia. E se non si hanno le forze - poiché molte delle nostre aziende sono di piccole dimensioni - si abbatte un muro di quelli imponenti: quello dell’orgoglio, della volontà di procedere a tutti i costi da soli.
Oggi non è più possibile, perché i nuovi mercati sono immensi e soprattutto difficili da esplorare.
Ecco perché ieri a Cantù la Promos ha lanciato un appello alle imprese e queste hanno risposto con entusiasmo.
C’è voglia di partire, ma la crisi ha radicato una lezione già presente: non si può improvvisare nulla, tanto più quando si va alla volta di mondi sconosciuti. L’ultimo, appunto, è l’Africa e con questa parola spesso usata nei discorsi già riveliamo la nostra ignoranza. Perché è un continente dai mille volti, con caratteristiche differenti, spesso contrastanti.
Proprio in questi giorni, per fare un esempio, la Camera di commercio di Milano ha organizzato un seminario dedicato al Kenya e alle opportunità che offre all’industria italiana. Al di là della generica crescita del Pil (4,7% nel 2012) si è segnalato che a Nairobi è dintorni è attesa un’espansione dei servizi bancari, delle telecomunicazioni, degli investimenti nelle infrastrutture viarie ed energetiche.
Como nel 2012 aveva esportazioni per 147mila euro (la Lombardia in tutto sei milioni e mezzo). Poco, troppo poco.
Ma invece di stracciarsi le vesti - anche guardando ciò che altri territori hanno già fatto - le aziende brianzole si stanno mettendo in viaggio.
Lo fanno con quanto imparato da questa crisi ormai diventata parte della nostra vita: cioè che per qualcuno che spende di meno e frena, ci sono altri - molti altri - che si espandono e non esitano ad acquistare i prodotti . Quando sono di qualità, e quando entrarne in possesso significa poter gridare al mondo di contare.
Mettersi in viaggio è anche mettersi in discussione. Avere la fierezza di ciò che esce dal proprio talento, dalle proprie mani, ma affidarsi ad altri - a partire dalle associazioni - per lasciarsi guidare, ad esempio.
È cambiato tutto, e in fondo niente è cambiato.
C’è sempre una terra promessa: soltanto, può mostrare una bandiera diversa e far percorrere il pianeta in un’altra direzione.
Poco conta. Ciò che importa, è rimanere se stessi,non tradire la propria creatività. Solo così gli imprenditori brianzoli riescono a confermarsi esploratori di nuove frontiere, rimanendo sempre legati alla loro terra e a ciò che li sa ispirare.
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