A volte ritornano. Perché quello dell’ex Casa del Fascio restituita alla città per diventare un museo del razionalismo è un film già visto. Anche più di una volta. Peccato che nessuno finora sia mai riuscito ad assistere al lieto fine. In un caso, clamoroso, sembrava addirittutra una sceneggiatura dei fratelli Vanzina versione anni ’90.
Ed era appunto l’ultimo decennio del secolo quello che vide ambientata a Como una clamorosa bufala della politica legata proprio all’edificio monumento dell’ex piazza Impero diventata piazza del Popolo.
Per la precisione si trattava della campagna elettorale per l’elezione del sindaco nel 1997. Il candidato del centrosinistra si chiamava Terragni, Emilio, discendente del celebre architetto razionalista Giuseppe e anch’egli architetto. A sostegno della sua corsa in salita contro il centrodestra di Alberto Botta si scomodò nientepopodimeno che Walter Veltroni, allora in grande spolvero con l’Ulivo di Prodi al governo, in cui l’esponente dell’allora Pds ricopriva il doppio ruolo di vicepresidente del Consiglio e ministro per i Beni Culturali.
Trovatosi al cospetto di un Terragni “autentico”, Uolter non riuscì a trattenersi. E con un a faccia toasta degna di De Sica junior in uno dei tante “Vacanze”, la sparò grossa: «La Casa del Fascio di Giuseppe Terragni non può restare alla Finanza. Deve diventare un grande museo del razionalismo. Parlerò già domani con il ministro delle Finanze, Vincenzo Visco». Mancò solo che dicesse che l’edificio monumentale è una risorsa importante di questo Paese. Ma di certo, Veltroni lo pensò
Oggi, 16 anni dopo, stiamo ancora aspettando che quella promessa di primavera si realizzi. Ma forse, dato che il comizio veltroniano avvenne in un sabato, l’allora vicepremier il giorno dopo trovò chiuso il ministero di Visco e non se ne fece nulla. Alla fine, insomma, sul destino di quello che viene chiamato impropriamente palazzo Terragni c’è una sorta di cambiale, ormai scaduta, da parte della politica e del centrosinistra in particolare.
Sarebbe bello incassarla e restituire davvero una volta per tutte l’ex Casa del Fascio alla città e non solo. Non che la guardia di Finanza, in tutti questi anni, ne abbia impedito la fruizione. Con però i logici limiti determinati dall’attuale funzione che , è quella di un comando militare. In cambio però le Fiamme gialle hanno conservato l’edificio in maniera talmente impeccabile che l’idea di consegnarlo nella mani della politica può anche spaventare un po’.
Sulla scorta dei precedenti, insomma, si proceda pure nell’operazione museo. Ma in maniera più seria che in passato. Como bussi a Roma con in mano quella cambiale, che in fondo, porta la firma di un ministro dei Beni Culturali, predecessore dell’attuale. Quel comizio , in perfetta sintonia con la politica delle promesse elettorale subito gabbate come i santi una volta passata la festa, potrebbe anche rappresentare un punto di forza per Como che non può certo condurre da sola e con le attuali risorse dell’amministrazione comunale, un’operazione di questa portata. Se la volontà del governo di allora, a maggioranza di centrosinistra, era quella di trasformare l’ex Casa del Fascio in un museo degno del suo contenitore, lo confermi ora con il governo a guida di centrosinistra. Altrimenti non si perda ancora tempo. La stagione delle illusioni veltroniane è terminata da un pezzo.
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