«Io credo che la crisi economica ci abbia aiutato. Nel senso che, dopo aver studiato materie come chimica, fisica o matematica, un posto di lavoro si trova».
A dirlo è Stefano Serra Capizzano, direttore del dipartimento di Scienze e alta tecnologia dell’università dell’Insubria, che fino a tre anni fa rischiava di chiudere per il basso numero di iscritti.
Oggi le cose sono cambiate, e di molto. Gli iscritti ai corsi sono stati molto più del preventivato e gli studenti entrano in facoltà con una speranza più degli altri di uscire con un lavoro che li aspetta. Secondo Capizzano si è tornati ai numeri che si registravano 15 anni fa. La crisi economica ha scacciato la crisi dell’università. I motivi saranno tanti, ma ce n’è uno che ha giovato più di altri all’Insubria ed è il rapporto stretto e concreto che l’università intesse da anni con le imprese. L’ateneo tiene infatti conto di quello che gli imprenditori evidenziano come carenza professionale e cerca di raddrizzare il tiro, in modo da non proporre laureati che non siano al passo con i tempi e con l’economia.
La collaborazione non è soltanto teorica nè si ferma ai suggerimenti, ci sono casi in cui la ditta interpellata assume neolaureati. Non è poco.
Mentre cercare un motivo per sperare per molti, soprattutto per chi opera in settori come l’edilizia, è ancora troppo difficile, l’Insubria guarda avanti e verifica come tra la teoria, dell’università, e la pratica , delle aziende possono, anzi devono, andare a braccetto.
Va però detto che l’iscrizione a facoltà di chimica, fisica o matematica non deve essere interpretata come una corsa all’oro o un assalto alla diligenza, perché non c’è nulla da saccheggiare, anzi c’è soltanto tantissimo da studiare e sperimentare e questo, senza una vocazione a tali discipline, il rigore nello studio e il desiderio di fare bene, uniti al talento non conta nulla.
Non conta nulla per nessuna facoltà universitaria si scelga, ma conta meno di niente in indirizzi dove le materie di studio non si possono mandare giù facilmente se si percepiscono subito come indigeste. Capizzano non nasconde la soddisfazione nel registrare una crescita interessante di iscrizioni, ma non nasconde neppure il fatto che, e il messaggio è importante soprattutto per chi frequenta ancora le superiori e si accinge a scegliere il corso di laurea, non ci si iscrive alle facoltà scientifiche e di alta tecnologia senza una buona predisposizione. Non lo si deve fare solo perché affascinati dall’idea di trovare un lavoro, perché poi se non hai la testa da chimico, fisico o matematico non vai lontano e la frustrazione ti accompagna tutta la vita. Scelta rigorosa dunque, responsabile e soprattutto volta al futuro, oltre la crisi che a volte può essere un pungolo e spingere ad osare, a superare la paura di una facoltà che intimorisce magari solo per il nome.
A Como l’Insubria pensa già, per la scienza e l’alta tecnologia, di attirare cervelli stranieri stringendo amicizia fattiva con atenei europei. Qualcosa si muove, i cervelli hanno messo i pattini e corrono verso il lavoro: ma solo se sono buoni cervelli, pragmaticamente entusiasti.
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