La fiera e il coraggio
che va in vetrina

In vetrina abbiamo visto macchinari delle meraviglie e pezzi così minuscoli, eppure in grado di muovere il mondo a “Fornitore Offresi”. Ma a Erba in mostra è andato qualcosa di ancora più importante del frutto, se possibile, della creatività comasca e lecchese.

Non è quantificabile, non entra in alcuna indagine congiunturale, però è un combustibile che ha tenuto alta la fiamma dell’imprenditoria lariana anche in quest’epoca, nonostante gli anni difficili non ancora del tutto alle spalle. Si chiama coraggio e lo si respira tutto. Tra gli stand, dove chi per la prima volta, chi con una fedeltà non meno ammirevole, espone il meglio di ciò che ha fatto e investe soldi e tempo. Nei convegni, dedicati ad esempio all’export: quanti sono passati ad ascoltare ogni segreto su Iran o Qatar, mercati non esattamente dietro l’angolo e anche carichi di difficoltà o fragilità, spesso entrambi. Allo stesso modo, sono più vicini di quanto si possa percepire: ce l’ha insegnato il mercato globale con cui ormai conviviamo.

È il coraggio, più forte appunto delle cifre, ad aver spinto il mondo metalmeccanico e Lariofiere a credere in una fiera come questa con costanza. Altrove, simili formule si spengono o si ritraggono; qui, dopo nove anni, gli espositori sono cresciuti del 20%. Hanno osato, ancora una volta, e vengono ripagati prima di tutto da se stessi: certo, la speranza è che i contatti, determinanti in una fiera, si trasformino rapidamente in ordini, ma intanto le nostre aziende hanno già scritto un capitolo importante di un anno che sarà ancora tutto da costruire.

C’è stato un momento in cui si è avvertita questa lezione – sussurrata, com’è nello stile dei piccoli e di chi lavora senza farsi notare ogni giorno – con particolare energia. È stato proprio alle prime battute della rassegna, quando gli organizzatori hanno assegnato il premio innovazione: un buon modo per cominciare, visto che così si mette in luce subito quante novità, quanta ricerca, quanto impegno geniale scorrano nelle imprese del comparto ogni giorno. E si sono visti occhi stupiti di chi sì, ha partecipato, ma in fondo non credeva che avrebbe portato a casa quel riconoscimento. Perché gli imprenditori e i loro collaboratori non sono abituati appunto a ricevere applausi. Qualcuno l’ha anche confidato all’inaugurazione di “Fornitore Offresi”, mostrando una gratitudine commovente mentre raccontava gli ostacoli e l’ostinazione positiva che vi contrapponeva.

Se ci riesce è anche per un altro motivo, e contesti come la fiera lo ricordano bene: grazie all’unione di forze che avviene in azienda, ma che sfocia poi in una rassegna come può essere quella di Erba, dove la collaborazione è tra territori e associazioni differenti.

E naturalmente nell’insieme più grande che è l’incontro con il mercato, in costante cambiamento, rafforzato in un angolo del pianeta e traballante in un altro, ma innamorato del made in Italy.

Se ciò è parso evidente in una fiera come a Erba, non possiamo dimenticare la straordinaria forza dalle imprese tessili che si sono presentate a Milano Unica negli stessi giorni. Credendoci, nonostante i numeri in questo caso fossero meno confortanti per il comparto.

Ma tra quegli stand e quei colori era difficile non trovare la fiducia, nonostante tutto. Il coraggio come un abito che il Distretto tessile ha saputo cucirsi addosso.

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@MarilenaLualdi

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