Amnesty ignora - ed è un altro motivo per il quale farebbero bene a prendersela con noi - che il nostro ordinamento prevede anche ulteriori forme di "isolamento", ulteriori forme di violenza e vessazione se possibile ancora più devastanti, a maggior ragione perché praticate nei confronti di gente che con il codice penale, e con le patrie galere, non ha nulla a che spartire. È la giustizia civile che ogni giorno costringe milioni di italiani a interminabili odissee, trascinando per anni contenziosi che in Finlandia risolvono in un paio di mesi. A Como c'è un uomo che a luglio ha smesso di mangiare: aspetta qualche euro dall'eredità della madre, al centro di un contenzioso tra i suoi fratelli. Il processo si trascina da sei anni, senza che se ne veda l'uscita. Lui dice che quei soldi gli servono per ridare fiato a una attività che fa i conti, come tutti, con la crisi economica, ma la sua storia è quella di migliaia di artigiani e di piccoli imprenditori di tutta Italia alle prese con contenziosi analoghi, dai quali spesso dipendono le sorti delle loro stesse aziende. Crediti non riscossi, per esempio, ma anche cause di lavoro in genere, sulle quali la giustizia civile si muove con una lentezza esasperante. Nonostante i tentativi messi in atto negli ultimi anni dai governi, la situazione non cambia. E non si capisce fino a che punto la "colpa" sia dei carichi di lavoro (in altre parole della nostra propensione a litigare), della procedura - che non è certamente snella -, delle cancellerie o dei giudici, abituati a ritmi consolidati negli anni che nessuno si premura di modificare. Ma ne va della tenuta di tutto il sistema, e della nostra economia soprattutto. Bisognerà che prima o poi qualcuno se ne renda conto, e che modifichi stili troppo lontani da quelli del resto del mondo. È inutile aspettare che cambi la procedura civile, o che strumenti alternativi, come la cosiddetta conciliazione obbligatoria, ci tolgano le castagna dal fuoco. Anche a Como ci sono giudici che corrono rapidissimi, gente che nel giro di sei mesi, con procedure accelerate, dà al contribuente quello per cui il contribuente paga, cioè giustizia. Forse è ora che tutti i giudici cambino passo. Fare più in fretta, e meglio, si può.
Stefano Ferrari
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