La nostra assenza
fa crollare i ponti

Margaret Thatcher - che era un genio - in uno dei suoi più celebri discorsi ricordava che non è mai una buona idea pensare che qualcun altro pagherà. Quel qualcun altro sei tu.

Una grande lezione. Una grande pedagogia, che, da inflessibile anglosassone educata alla ferocia della vita e della competizione, fa piazza pulita di tutti i vittimismi, gli assenteismi, i fanfaronismi, i menefreghismi, gli albertosordismi tipici di noi italioti baffo nero mandolino sempre pronti a pontificare su tutto, approfittare di tutto e scappare da tutto. Soprattutto dalle responsabilità, secondo il mantra nazionale del “a me non interessa la politica”. Errore capitale. Perché mentre tu non ti interessi della politica, è la politica che si interessa di te. E i risultati si vedono.

Secondo voi, qual è il filo rosso che lega, giusto per stare a qualche esempio eclatante dei nostri territori, il muro sul lungolago di Como, le ferrovie da Cordigliera delle Ande di Sondrio e il cavalcavia crollato di Lecco? Politici incapaci? Certo. Amministratori inadeguati? Senz’altro. Burocrati ottusi, occhiuti, polverosi e forforosi sempre pronti a tutto bloccare, tutto rimandare e, in particolar modo, tutto rimbalzare? Figurarsi. Ma il vero punto non sta qui. Perché questi tre disastri metaforici, ai quali possiamo tranquillamente allegare – con un certo tasso di demagogia, e va bene, ma anche con un alto livello di verità – tasse da regno borbonico, servizi da repubblica delle banane, corruzione da suk mediorientale e tutto il resto che volete voi, hanno una radice ben precisa. E solo a prima vista sorprendente. La nostra assenza.

Siamo noi i veri responsabili, i veri killer, i veri mandanti di questo schifo, compreso l’ultimissimo sulla Statale 36. Noi e la nostra arte tutta italiana della delega in bianco, del fate voi che noi abbiamo altro a cui pensare, agli affari nostri, o meglio, agli affaracci nostri, al nostro particulare, al nostro microcosmo, al nostro minimondo che si esaurisce dentro un patetico e microscopico sguardo che non va un millimetro al di là del singolo interesse personale. Al resto ci penserà qualcun altro. Ed è da qui che sgorga il malcostume di legittimare i peggiori, i più scarsi, i più inadeguati, i più buffoni, i più cialtroni e siamo sempre noi quelli che hanno votato in massa per loro, ingolfando i palazzi del potere locale, regionale e nazionale di inetti o di banditi. Tutta gente che dove tocca fa danno e che, in coscienza o a sua insaputa, lavora scientemente per la distruzione del territorio. Oggi le strade, domani i binari, dopodomani il lago, la volta dopo i viadotti e tutto il resto che già sapete e che avete già amaramente sperimentato di persona.

E noi sempre lì, bovini, ottusi e collusi, a bercele tutte, come dei bietoloni, come degli sprovveduti, soprattutto quando si avvicinano le elezioni e questi qui, impuniti, impudenti e spudorati, dopo secoli di dormite e di margnaffate sesquipedali, mettono fuori la testa e promettono e spendono e spandono e se la tirano da De Gasperi, tipo quello statista che, sbrinato dal congelatore dopo cinque anni di assordante silenzio, adesso non passa giorno che ci pensa lui alle paratie e parla e discetta e ci fa la lezione, la morale e, da bravo papà, risponde su tutti i giornali delle terre emerse - dopo gli ultimi controlli, all’appello mancano solo Geppo e Tiramolla - alle tremolanti domandine di noi popolo bue sullo scandalo del muro. Tanto qui abbiamo l’anello al naso: ci berremo pure questa. E non che quelli dell’altra parte siano meglio, che trascorrono le giornate a squadernare la loro superiorità antropologica sugli schifosi di centrodestra e poi, se pensi a quello che hanno combinato in un lustro, basta una risata per seppellirli. La loro agnizione si è compiuta.

Il grottesco, incredibile incidente di Annone, testimoniato dal video che ieri i nostri siti hanno trasmesso per primi, è figlio certo del caso e del destino – destino paradossalmente benevolo, perché di morti ce ne potevano scappare dieci o venti – ma è soprattutto una chiamata di correo per una società che non possiede alcun senso del dovere civico che comporta essere adulti in una realtà occidentale moderna, che non sa e non vuole esercitare la faticosa funzione della verifica, dello studio, dell’informazione vera e credibile, della selezione attenta dei suoi rappresentanti e del loro implacabile controllo. Noi ce li siamo scelti, noi – e per carità di patria sorvoliamo sulle inettitudini e il servilismo dei media – abbiamo permesso a questi fenomeni della seconda repubblica, a questi intelligentoni del federalismo, a questi Pulitzer della nuova socialdemocrazia, di prenderci in giro per vent’anni sulle scelte strategiche della politica estera e del bilancio, così come sulla manutenzione dei ponti stradali. Noi abbiamo vidimato gli incapaci al comando. Noi. Noi e solo noi. E adesso ne paghiamo il prezzo.

La magistratura indagherà, le perizie si assommeranno alle perizie, le polemiche e gli scaricabarile si incroceranno con le polemiche e gli scaricabarile e state certi che ci sarà sempre qualcuno che riuscirà a buttarla in caciara. Si fa un bel polverone e da lì in poi tutti i gatti diventano bigi. Ma quella macchina schiacciata, quelle sequenze da film catastrofista hollywoodiano e quella vita spezzata nella maniera più assurda e inaccettabile stanno lì a confermare l’inossidabilità dell’aforisma del grande premier britannico. Non c’è qualcun altro che pagherà. Quel qualcun altro venerdì pomeriggio è stato il signor Claudio Bertini. E ogni giorno può essere ciascuno di noi. Sarebbe il caso di darci tutti quanti una bella svegliata.

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@DiegoMinonzio

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