La politica sostenga
chi batte la crisi

Nel libro della Genesi, il sogno interpretato da Giuseppe, parla di sette anni di vacche magre che seguono ad altrettanti di bovine pasciute. Non è dato sapere cosa sia accaduto all’epoca dopo il “settennio” a stecchetto. E neppure noi sappiamo cosa succederà adesso che siamo in pieno settimo anno di crisi, esplosa nel 2008. Non è la crisi del settimo anno che, secondo la vulgata, mette a repentaglio i matrimoni, bensì la durata di un periodo di difficoltà economiche e sociali più lungo anche delle due maggiori guerre del Novecento.

nIn questo lasso di tempo si sono alternati quattro

governi: il primo presieduto da Silvio Berlusconi, il secondo da Mario Monti, il terzo da Enrico Letta e l’attuale guidato da Matteo Renzi. Ciò che accomuna finora il poker di leader politici è il bluff: cioè la previsione di un fine crisi per l’anno successivo. Finora hanno ciccato tutti tranne il presidente del Consiglio in carica, giusto perché il periodo non è ancora trascorso. Chiaro che c’è da augurarsi che almeno lui ci azzecchi.

Ma è altrettanto lampante che non è sufficiente consultare gli Aruspici per tornare a riveder le stelle. Occorre darsi da fare e magari ci si riesce pure. Lo dimostra il caso di un gruppo di aziende tessili di Como, quello guidato da Graziano Brenna che, in barba ai dati da Prozac sulla recessione che i vari esperti e istituti di ricerca sono costretti a somministrarci, annuncia, in un incredibile percorso contromano, che “la ripresa c’è e a luglio la crescita ha raggiunto i livelli di sei anni fa”, quando cioè le zanne della crisi ancora non avevano intaccato la carne viva del settore manufatturiero. Brenna non è il tipo che si sbilancia con ottimismi a vanvera. Rappresenta, assieme a tanti, lo stereotipo del piccolo e medio imprenditore abituato ad arrangiarsi, a non subire le situazioni, anzi ad attrezzarsi per affrontarle. È, come altri, un modello di industriale nuovo, lontano mille miglia dal cumenda con la fabbrichetta che fa la gita in Svizzera per portare al sicuro gli utili. Oggi, chi fa impresa altro che utili. Sempre più spesso deve rischiare il proprio patrimonio personale per evitare di andare a gambe all’aria lui e coloro che da lui ricevono lavoro e mezzi di sostentamento.

È la tipologia di imprenditore che non si aspetta più gran che dalla politica, che magari ha inseguito senza farsi troppi illusioni la Lega che solo a parole e slogan gli è stata accanto, che ha confidato nella rivoluzione liberale di Berlusconi, salvo rendersi presto conto che si trattava di una chimera, che si è buttato magari su Grillo perché proviamola anche questa, e ora confida in Renzi ma solo perché alternative ghè n’è minga. Un imprenditore che dalla sinistra si è tenuto per lo più lontano anche perché buona parte della sinistra manteneva le distanze da lui: l’osteggiava, lo ignorava e solo tardivamente ha cominciato ad annusarlo da lontano.

Ecco perché l’attuale capo del governo, che coltiva l’ambizione di costruire un percorso che porti a una sinistra nuova, moderna e riformatrice e non vuole staccare il piede dall’acceleratore, deve conquistarsi la fiducia di questi imprenditori, che volenti o nolenti, rappresentano ancora la spina dorsale di un Paese che rischia la paralisi definitiva. L’azione di Brenna e dei suoi epigoni, comaschi e non, deve essere sostenuta con la stessa velocità utilizzata per riformare il Senato. Una politica che, come ragione sociale, ha il perseguimento del benessere comune, non può ignorare chi viaggia su un binario che deve essere quantomeno parallelo. Le richieste che, ormai con crescente stanchezza e decrescente convinzione, il mondo delle imprese inoltra al governo sono sempre le stesse: meno fiscalità sul lavoro, più flessibilità (la task force dei “marines” di Brenna pronti a lavorare in caso di ordini improvvisi vale più di mille discorsi), una burocrazia non opprimente e invasiva, una formazione adeguata per le figure professionali necessarie. Soddisfare queste esigenze rappresenterebbe un catalizzatore per gli sforzi di questi imprenditori che scelgono di restare all’interno dei parti confini e combattono anche le statistiche sulla disoccupazione, inserendo giovani in azienda. È la sfida di autunno di Renzi. La ripresa, lo dimostra questo caso comasco, può anche essere dietro l’angolo. Però bisogna saper svoltare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA